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Quale grammatica? Chi decide?

La Lettura analitica è un’attività didattica per fare grammatica. Come si può dedurre dagli articoli precedenti, è un’attività didattica che può affrontare qualsiasi tema grammaticale, qualunque definizione si voglia dare alla parola “grammatica”. La sua particolarità risiede nel fatto che si studia su testi autentici invece che su frasi inventate e prive di contesto. Ora, chi legge potrebbe dire “E allora? La grammatica si può imparare in tanti modi diversi.” Come risposta cercherò in seguito di delinearne 9 vantaggi.

  1. Aumenta la possibilità che la regola rimanga impressa nella memoria. Questo perché la ricerca degli esempi è una specie di caccia al tesoro, un gioco. La loro distribuzione è disuguale; non si sa dove sono; ci possono essere tantissime frasi nelle quali non c’è nessun esempio. In un approccio basato sulla frase, invece, si sa a priori che gli esempi si trovano in tutte le frasi presentate: non ci sono sorprese, non c’è suspense, non c’è mistero: non è giocoso: è tutto scontato. Con la Lettura analitica viene applicato il modo di apprendimento detto “di ricerca e scoperte”, il quale viene applicato con successo allo studio di altre materie da tantissimi anni.
  2. I dati studiati sono più attendibili. Quando un linguista o uno scrittore di materiale didattico inventa delle frasi gli vengono in mente certi tipi di frase e non altri. Le loro frasi sono stereotipiche; pensano spesso a frasi tipo “Ieri sera sono andato al cinema”, pensano raramente a frasi tipo “Questo perché la ricerca degli esempi è una specie di caccia al tesoro, un gioco.” (estratta da quest’articolo) o “Strana, inconsueta campagna elettorale.”, “A far propaganda praticamente solo i candidati di Forza Italia.”, “Questione di soldi, questione di tv.”, “A far da pubblico quasi solo i telespettatori che incappavano in uno spot tricolore.” (sequenza di frasi non stereotipiche trovate in meno di un minuto sul giornale la Repubblica di oggi 11 giugno 1994, scritte dal giornalista Mino Fuccillo).
  3. La frequenza del fenomeno sotto esame è più attendibile. Chi studia con un approccio basato sulla frase non ottiene nessuna informazione utile al riguardo perché il numero di volte che il fenomeno viene trattato dipende unicamente dal numero di frasi presentate. Studiando con un testo autentico, invece, lo studente ha qualche idea se il fenomeno è molto frequente o meno.
  4. La distribuzione del fenomeno e la sua relazione con altri fenomeni sono più attendibili. In un approccio basato sulla frase, invece, non esiste una frase in cui manca un esempio del fenomeno sotto esame. Mentre il testo autentico permette a chi studia di rendersi conto da una parte che tantissime frasi non contengono affatto il fenomeno e dall’altra che esempi del fenomeno possono affollarsi in certe zone del testo in determinate condizioni “ambientali”.
  5. Far studiare gli studenti su testi autentici significa insegnare un metodo di studio che, volendo, lo studente potrà usare da solo, senza dover ricorrere a manuali didattici. Consente, cioè, lo sviluppo di una maggior autonomia presso lo studente.
  6. Con la Lettura analitica si mira a sviluppare la grammatica dello studente invece di imporre conformità assoluta a quella del linguista. Quando l’insegnante chiede, dopo una fase di individuazione degli esempi di qualche fenomeno, di classificarli, spesso egli non specifica i criteri da adoperare, permettendo così ad ogni studente di partire dalla propria percezione della grammatica della lingua che sta studiando. Questa percezione viene confrontata con quella di uno o più pari grado (compagni di classe) e solo dopo un approfondito lavoro di ricerca, semmai, l’insegnante “integra” qualche nozione proveniente dal mondo della linguistica. Modalità di insegnamento detta “di integrazione” contrapposta a quella tradizionale “di trasmissione”.
  7. Un altro vantaggio insito nell’uso di testi autentici si basa sul fatto che i linguisti non hanno ancora scoperto tutte le regole grammaticali di una lingua. Qualche volta se ne possono scoprire delle nuove.
  8. Molte regole grammaticali riguardano la coesione del testo e quindi non appaiono in singole frasi. Si pensa, per esempio, all’anafora (vedere, per esempio, l’articolo di Luigi Micarelli nel presente volume), ai connettivi, al fenomeno di tema/rema, alla struttura narrativa, all’impaginazione di una lettera, ai vincoli rituali di un’esposizione scientifica, ecc..
  9. Rispetto agli schemi simmetrici che si trovano nei libri di testo tradizionali, i dati in un testo autentico si presentano in un modo “incompleto” e “disequilibrato”. Male, dirà qualche lettore. Invece, no: è un vantaggio. Perché contribuisce alla formazione nello studente di una mentalità da ricercatore. Abitua lo studente a vedere il sapere per quello che è: incompleto, provvisorio, permeabile. Fa partecipare lo studente alla ricerca, al fatto che ogni sapere è ipotetico, che imparare non significa imboccare le certezze altrui, bensì vivere con le proprie ipotesi, metterle alla prova dei fatti e modificarle quando i fatti non le assecondano. Il risultato è uno studente meno disposto a credere a regole “belle e fatte”, più flessibile, più capace di fare progressi rapidi davanti a nuove informazioni.

Chi decide?

In tutte le lezioni dimostrate è stato l’insegnante a scegliere il tema grammaticale da trattare. La scelta è stata fatta in base a due criteri: il probabile interesse del tema per una determinata classe di studenti, dati il loro livello linguistico e i loro imputati gusti; e una certa quantità di esempi di un fenomeno nel testo (il quale è stato precedentemente utilizzato come oggetto di una Lettura autentica).

Ora consideriamo un’altra idea: se fosse lo studente a scegliere il tema grammaticale da studiare? Esaminiamo i pro e i contro. Prima qualche contro:

  1. Sarebbe riduttivo in quanto lo studente si limiterebbe ad individuare fenomeni di cui già conosce l’esistenza. La sua percezione di regole è determinata da ciò che già sa essere regolarizzato.
  2. In un testo c’è troppo roba, anche per uno solo studente. La lezione non finirebbe mai e sarebbe molto noiosa.
  3. In una classe ci sono tanti studenti, ognuno vorrà approfondire cose diverse dagli altri.
  4. I principianti si perderebbero, per loro sarebbe estremamente scorraggiante.
  5. Se ogni studente lavorasse sui suoi interessi, mancherebbe la fase di collaborazione con un compagno e il conseguente insegnamento fra pari.

Ora qualche pro:

  1. Sarebbe più efficiente in quanto è più facile assimilare una regola quando se ne ha curiosità.
  2. Si potrebbero scoprire delle cose a cui non ha pensato l’insegnante.
  3. Si potrebbero studiare anche fenomeni di cui c’è uno solo esempio nel testo.
  4. Tenderebbe a sviluppare l’autonomia nello studente in quanto egli imparerebbe a porsi domande, non soltanto a rispondere a domande altrui.

Se potessimo neutralizzare i contro, ce n’è a sufficienza nei pro per rendere fruttuosa la creazione di un’attività didattica nuova. Proviamo a stabilirne le caratteristiche:

  1. Escludiamo i principianti.
  2. Poniamo un limite di tempo di 45 minuti. L’esperienza ci dimostra che questo è un tempo da una parte sufficientemente lungo per dare un senso di profondità allo studio, e dall’altra sufficientemente breve per non annoiare i meno motivati degli studenti.
  3. Bisogna fare in modo che non si cominci la ricerca dall’inizio del testo. Questo per due motivi: primo per una questione psicologica: dopo un certo lasso di tempo si sarebbe ancora vicini all’inizio con la pesante sensazione di un enorme lavoro ancora da fare per arrivare alla fine; e secondo per una questione della risultante conoscenza del testo: alla fine di un’attività di analisi dovrebbe essere il testo intero ad essere meglio conosciuto dallo studente, non solo il suo inizio.
  4. Bisogna fare in modo che ogni studente possa seguire i propri interessi.
  5. Avendo scelto un tema grammaticale da trattare, il singolo studente dovrebbe usufruire della collaborazione di un compagno per risolvere quanto possibile senza l’aiuto dell’insegnante.
  6. Al momento dell’intervento dell’insegnante deve essere lo studente a prendere l’iniziativa: è lui che interroga l’insegnante, non viceversa.
  7. Ci deve essere un meccanismo che fa sì che più è precisa la domanda fatta all’insegnante più vantaggi ottiene lo studente. Questo per promuovere un atteggiamento di buon ricercatore nello studente.
  8. Bisogna far sì che la domanda di uno studente interessi tutti gli studenti.
  9. L’attività sia divertente.

Con questi principi, le soluzioni per una Lettura analitica semi-autogestita saranno senz’altro diverse. Ai lettori che vorranno dividere con i colleghi le loro idee al riguardo riserveremo uno spazio nei numeri futuri del Bollettino Dilit. Nel frattempo un possibile punto di partenza, un tentativo al quale portare eventuali miglioramenti, viene raccontato nell’articolo seguente, scritto da Rosario Romero.