Cerca

Come è nato il laboratorio

In occasione di questo XII Seminario internazionale con Filomena, Laura e Rosario abbiamo deciso di lavorare sulle sensazioni, sulle reazioni che gli studenti hanno rispetto al nostro atteggiamento e rispetto ai nostri movimenti in classe.

L’idea di questo laboratorio ha avuto una lunga gestazione. Era la fine di maggio del ’99 quando Christopher già ci riuniva per proporre e discutere sul possibile tema conduttore del Seminario 2000. Ancora non avevo scritto l’articolo sul laboratorio proposto meno di un mese prima che già la mia mente doveva pensare a qualche aspetto dell’insegnamento che potesse interessare altri insegnanti e in qualche modo potesse essere uno spunto di riflessione e miglioramento. Nella accesa discussione che vedeva alcuni di noi non convinti della bontà dell’idea di un Seminario 2000, la proposta, fatta da Vittoria Gallo di un “aggiornamento-formazione” di noi insegnanti Dilit, che avesse come tema la consapevolezza corporea dell’insegnante, ha attivato in me una serie di riflessioni che fino a quel momento avevano avuto vita solo come senso di inadeguatezza. Spesso avevo provato il timore di poter infastidire o turbare in qualche modo gli studenti con un movimento o un atteggiamento fisico.

“Se mi metto sullo stipite della porta… Se le/gli metto la mano sulla spalla… Se mi siedo vicino… Se, se, se… che succede ? Quali emozioni, quali sensazioni, quali reazioni inconsce posso scatenare in Maria, Jane, Krikor o… ?”

Sono stata purtroppo una liceale sfortunata, il mio nome non era importante, la mia storia non era importante: ero solo una studentessa alla quale dare un numero. La scelta di questo lavoro non è stata casuale.

Oggi pensando a quella sedicenne del primo banco, voglio provare a rendere  ogni giorno per quanto mi è possibile la classe il luogo privilegiato dove lo studente possa trovare accoglienza e sempre nuovi stimoli. Come insegnante devo essere chi, provando a creare un rapporto “speciale” con ogni studente, è la guida di questa “cordata”. Ogni processo di apprendimento ha bisogno, come in una cordata, di fiducia e empatia, che nella nostra imperfezione dobbiamo guadagnare ogni giorno.

La partecipazione al laboratorio è stata per le mie colleghe e me lusinghiera, dimostrando come e quanto sia importante lavorare per prima cosa per migliorare noi stessi come persone, per poter tendere ad essere, poi, degli insegnanti comunque “perfettibili”. Ciò crediamo sia raggiungibile imparando ad utilizzare l’aiuto giornaliero che gli studenti ci danno con “quel cenno, quella battuta, quel piede nervoso…” oppure mettendo completamente in gioco noi stessi, affidandogli un questionario, una lettera o altro, che possa essere: per loro, momento di riflessione su loro stessi, sull’insegnante e sul rapporto con l’insegnante; per noi, momento di analisi e di “ricerca”.