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Memoria e apprendimento

La memoria è una funzione molto misteriosa sulla quale si basa non solo un considerevole numero delle nostre attività, ma anche la nostra identità culturale e personale. Lo strumento della memoria, il cervello, invecchia lentamente ma ineluttabilmente; inoltre, al suo interno, si verificano altre modificazioni che indeboliscono la capacità di riconoscere visi, riducono quella di apprendere nuovi dati e, in caso di gravi malattie degenerative, portano ad amnesie. L’utilizzo della memoria appare così vario perché essa stessa è molteplice, dal momento che è costituita da un insieme di meccanismi specializzati e si basa sulle funzioni di un organo biologico estremamente complesso: il cervello.

Mnemosine (da cui derivano le parole ‘mnesico’, ‘mnemotecnica’ ecc.), dea della memoria, è per i greci la madre delle nove muse preposte alla conoscenza. L’invenzione della prima tecnica di memorizzazione viene attribuita a Simonide di Ceo, poeta del V secolo a.C. Secondo la leggenda, riportata da alcuni autori romani, Simonide fu il solo superstite del crollo della sala dove si svolgeva un banchetto e dovette ricordarsi il posto occupato dai diversi commensali per poterli identificare. Constatando, in tale occasione, quanto fosse viva l’immagine di ogni commensale al proprio posto a tavola, ne dedusse la celebre ‘metodica dei luoghi’, consistente nel memorizzare degli oggetti sotto forma di immagine e nel collocare mentalmente tali immagini in luoghi diversi, per esempio nelle stanze di una villa. Le ‘immagini’ furono alla base della concezione più popolare della memoria fino al Rinascimento, probabilmente perché la maggioranza delle persone non sapeva leggere. A Roma l’arte della memoria fu coltivata a scopi utilitaristici, in particolare nella tecnica oratoria.

Il ruolo del cervello

Guardiamo per qualche istante una persona che gioca con un videogioco. Sono i componenti elettronici del videogioco stesso che permettono di giocare, ma il gioco vero e proprio è contenuto in apposite cartucce che si inseriscono nel dispositivo. Il giocatore può inserire tanti giochi diversi e ogni gioco è realizzato attraverso un apposito programma. Mentre il videogioco non è altro che supporto per l’elaborazione, i giochi sono frutto della creatività dell’autore e della sua programmazione: mentre il primo ha dei limiti stabiliti al momento del progetto e della realizzazione, i secondi possono spaziare in ogni direzione con differenti livelli di complessità e soddisfazione per il giocatore. La distinzione tra videogioco (hardware) e giochi (software) è utile per chiarire i rapporti tra la mente ed il cervello: i meccanismi psicologici, in particolare il funzionamento della memoria, sono paragonabili al software di un computer, mentre il cervello, con le sue componenti biologiche, è l’hardware. Certamente il cervello non assomiglia ad un computer, ma esistono alcune analogie funzionali. Come si può programmare in maniera molto diversificata un computer, così è possibile ‘programmare’ il cervello mediante l’istruzione. La conoscenza dei meccanismi del cervello, data la sua complessità, può avvenire solo nell’ambito di diverse discipline con tecnologie sempre più raffinate, di cui si occupano le neuroscienze, all’interno delle quali si inserisce la psicologia proponendo dei modelli di funzionamento. Un obiettivo essenziale di questa collaborazione è evidentemente quello di identificare le basi biologiche del funzionamento psicologico.

Il cervello umano è un’organizzazione complessa di cento miliardi di neuroni organizzati in centri nervosi comunicanti tra loro mediante fasci di fibre. Il neurone ha il corpo cellulare prolungantesi in una lunga fibra, l’assone, che permette di trasmettere l’informazione ai neuroni vicini. Nella maggior parte dei casi, l’assone è circondato da una sostanza isolante di colore bianco, la mielina; le parti bianche del cervello rappresentano quindi i cavi di comunicazione mentre le parti grigie rappresentano le zone a forte concentrazione di corpi cellulari, i centri nervosi.

Sul piano anatomico questi centri non sono omogenei ed hanno forme complesse, ma per semplificare si può dire che esistono tre grandi strutture al centro del cervello che sono relativamente specializzate nel trattamento delle informazioni. Il ‘talamo’ è in qualche maniera il computer della percezione, i ‘corpi striati’ organizzano e comandano i movimenti insieme al cervelletto, mentre l”ippotalamo’ dirige la nostra vita vegetativa (tramite l’ipofisi e gli ormoni). La corteccia è un mantello di alcuni millimetri, composto da un forte addensamento di neuroni, che ricopre tali strutture nonché le vie di comunicazione; la sua superficie è così estesa che forma delle pieghe, le circonvoluzioni. Si ritiene che la corteccia non sia programmata alla nascita; essa rappresenterebbe dunque, in gran parte, il supporto della memoria a lungo termine.

Con un esame autoptico il neurologo francese Pierre Paul Broca dimostrò, in un caso di un malato che aveva perso la parola, una lesione profonda nella corteccia frontale dell’emisfero sinistro. Era stato scoperto un centro del linguaggio o della memoria verbale; la distruzione di questo centro (l’area di Broca) produceva la perdita del linguaggio: l’afasia. In sostanza una lesione dell’area di Broca sembra impedire la verbalizzazione, ma senza inibire la comprensione di parole e di segni. La distruzione dell’area di Wernicke invece produce tutti i disturbi del linguaggio compresi quelli della comprensione.

Certe attività della memoria necessitano il passaggio di informazioni dal cervello sinistro a quello destro, senza che noi ne abbiamo la minima coscienza. In effetti il cervello, come la maggioranza delle parti del corpo è doppio: c’è un cervello sinistro, l’emisfero sinistro, e un cervello destro, l’emisfero destro. Gli emisferi sono collegati tra loro da un enorme cavo che forma un largo nastro bianco, il ‘corpo calloso’. Il fisiologo statunitense Roger Sperry ricevette il premio Nobel per essere stato il primo a chiarirne la funzione. Egli dimostrò che la resezione chirurgica del corpo calloso di un gatto trasformava l’animale in una specie di dr. Jekyll e Mr Hyde poichè i due cervelli funzionavano in maniera indipendente. Con una completa inversione il cervello sinistro riceveva il campo visivo destro e comandava la parte destra del corpo, e viceversa per il cervello destro.

Nel caso dell’uomo si configura una dimensione nuova, in quanto gli emisferi non sono equivalenti. Nella maggior parte delle persone è il cervello sinistro che governa, ovvero dominante. Essendo poi i comandi invertiti succede che in maggioranza le persone sono destrorse: l’occhio destro e gli arti destri sono preferiti. Generalmente la programmazione del linguaggio (il centro di Broca) è nell’emisfero sinistro e anche molti moduli di linguaggio sembra si trovino nell’emisfero sinistro. Cosi una paralisi degli arti di destra (emiplegia destra) è spesso associata ad una perdita del linguaggio.

Basandosi sul fatto che il cervello sinistro tratta in primo luogo il campo visivo destro e viceversa, si può presentare molto rapidamente (per evitare uno spostamento degli occhi) su una diapositiva o su un video, una parola o un disegno su un campo definito, a destra o a sinistra. Con questa tecnica molto diffusa è possibile constatare che le parole presentate nei campo visivo destro vengono meglio ricordate rispetto a quelle presentate nel campo visivo sinistro. Questo fatto conferma che il cervello sinistro è dominante per la memoria verbale. Invece, se vengono presentati nella stessa maniera dei disegni di oggetti non esiste più una marcata differenza; fatto sembra indicare che i due cervelli trattano le immagini in maniera equivalente.

Tale tipo di ricerca, in particolare in funzione dello studio delle lingue, ha dimostrato che il cervello sinistro è chiaramente dominante nelle lingue basate sulla scrittura fonetica. Al contrario, per le lingue basate sulla scrittura ideografica, come il cinese, il cervello destro è dominante. Alcuni neuropsicologi giapponesi hanno così dimostrato, studiando dei malati afasici, che il loro deficit riguardava solamente l’aspetto fonetico (le lesioni si trovano nell’emisfero sinistro) mentre era conservato l’aspetto ideografico. Studiando alcuni malati che avevano una sezione del corpo calloso, si è constatato che, se l’emisfero sinistro è dominante per l’articolazione del linguaggio i due emisferi hanno entrambi una funzione semantica (che permette cioè la comprensione). Entrambi gli emisferi trattano le immagini, ma l’articolazione del linguaggio è localizzata in uno solo di essi (a sinistra nelle lingue a scrittura fonetica, a destra in quelle a scrittura ideografica).

Il cervello è così complesso che non esiste un unico centro della memoria. A seconda delle lesioni corticali esistono numerosi tipi di amnesia parziale come ad esempio la perdita della memoria per i visi. Esistono anche amnesie limitate a certe classi grammaticali, ai nomi alle cifre, e vi sono anche casi di alterazione del codice tra grafia e funzione lessicale, cosa che provoca l’incapacità a leggere, l’alessia.

Nel cuore del cervello, in ogni emisfero, si situa l’ippocampo, la cui distruzione provoca un’amnesia quasi generale (amnesia di Korsakoff, morbo di Alzheimer) e il malato non è più in grado di ricordare le rappresentazioni (parole, immagini, visi); questo tipo di memoria viene indicato come ‘memoria dichiarativa’. La memoria motoria viene invece danneggiata da lesioni dei corpi striati che organizzano e comportano i movimenti (insieme al cervelletto). Parallelamente fu confermata nell’uomo la distinzione tra due memorie, definite rispettivamente ‘memoria rappresentativa’ e ‘memoria procedurale’.

La memoria rappresentativa permette il richiamo alla memoria ed il riconoscimento delle parole, delle immagini ecc. La memoria procedurale è la memoria inconscia, che permette gli apprendimenti percettivi e motori, base dei nostri automatismi: camminare, guidare ecc. L’ippocampo è necessario alla memoria rappresentativa, mentre i corpi striati sono indispensabili per la memoria procedurale.

Considerazioni per l’apprendimento

L’apprendimento è strettamente collegato alle capacità mnemoniche e di associazione. I meccanismi che governano le dinamiche relative all’apprendimento nord sono comunque del tutto definiti. Allo stato attuale il modello che riscuote maggior credito è quello che prevede l’esistenza di tre livelli di memorizzazione: la memoria a termine ultra breve, quella a breve termine e quella a lungo termine. I messaggi provenienti dall’esterno vengono recepiti tramite i sensi: vista, udito, olfatto, tatto e gusto, e vengono inviati alla memoria a termine ultrabreve. Qui avviene la prima selezione. I segnali che vengono trattenuti sono inviati alla memoria a breve termine dove vengono esaminati, identificati e combinati. Ciò viene realizzato in cooperazione con la memoria a lungo termine. Quest’ultima compara i nuovi segnali con le immagini già presenti nel suo interno, permettendo l’immediata identificazione di quelli che hanno già elementi di corrispondenza. Nel cervello vi sono centri distinti deputati all’elaborazione dei segnali provenienti da cinque sensi. Troppo spesso l’apprendimento è mediato da un solo canale sensoriale, in particolar modo quello visivo.

Per aumentare le possibilità di ritrovamento delle immagini tramite associazioni è opportuno trasformare, per lo meno a livello interiore, informazioni monocanale in informazioni pluricanale rendendole quindi al pari di un’esperienza personale. La partecipazione emotiva a tale processo consolida l’acquisizione dell’informazione. In questo modo si realizza una modificazione strutturale delle connessioni sinaptiche con il conseguente collegamento ad ulteriori reti neuronali. Ciò consente inoltre il richiamo delle informazioni, tramite associazioni, in momenti successivi quando se ne presenti la necessità: tanto più numerose sono tali associazioni, più facile sarà richiamare i dati dalla memoria a lungo termine.

Per l’applicazione pratica di tali concetti a fini didattici, rimando all’articolo della mia collega Marina.

Bibliografia
Horst G. Sperber, Mnemotechniken im Fremdsparchenerwerb
Frederic Vester, Denken, Lernen, Vergessen
J.‑L. J. de Mendoza, Cervello destro, cervello sinistro
Antonio R. Damasio, Descartes’ Irrtum
Israel Rosenfield, Das Fremde, das Vertraute und das Vergessene
Mogens Kirckhoff, Mind mapping
Oliver Sacks, Der Mann, der seine Frau mit einem Rut verwechselte