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Alcune riflessioni sulla interazione in classe

  1. Un assioma della comunicazione afferma che evitare di comunicare è impossibile . Il silenzio è forse l’esempio più evidente di questa impossibilità di non-comunicare, se due persone si trovano nella stessa stanza senza parlare tra di loro probabilmente si stanno comunicando che non vogliono, in quel contesto, approfondire o cominciare una relazione a livello verbale. Bateson[1]scrive che lozero, cioè l’assenza completa di ogni evento indicativo può essere un messaggio: “la lettera che non scriviamo, le scuse che non porgiamo, il cibo che non mettiamo fuori per il gatto possono essere tutti messaggi sufficienti ed efficaci, poiché zero può avere significato in un contesto”. Tutti i comportamenti di due persone in un contesto sono comunicazione, e siccome il comportamento non ha un suo contrario (non esiste un non comportamento), è impossibile non comunicare.
  2. Quando due persone entrano in comunicazione si crea unainterazione, e , forse, una relazione. Questi due termini non dovrebbero essere intesi come sinonimi, la differenza sta nella presenza o meno dei partecipanti, posso dire infatti di avere una relazione con una persona che in questo momento è lontano da me. Con il termine interazione si intende la partecipazione qui ed ora dei soggetti che comunicano. Con il termine relazione si intende qualcosa che va oltre lo scambio del qui e ora, qualcosa che oltre allo scambio aggiunge le aspettative, le fantasie, e il riverbero emotivo che tale scambio può provocare. Un’interazione ripetuta ed emotivamente significativa attiva una relazione, e la comunicazione è il fondamento dell’interazione.
  3. Durante la lezione che abbiamo fatto ieri, e durante quella che faremo domani, si sono susseguite e si susseguiranno, in maniera più o meno strutturata una serie di interazioni. Una interazione tra l’insegnante e un singolo studente, tra uno studente e un altro, tra l’insegnante e tutti gli studenti e tra studenti e studenti. Mi ricordo alcune lezioni di lingua inglese nella scuola superiore. L’insegnante cercava di parlare inglese, spiegava e faceva esempi alla lavagna, ed ogni tanto, per esercitare quella particolare struttura sotto esame, poneva delle domande. I piùsvegli rispondevano correttamente mentre gli altri si arrampicavano sfruttando i suggerimenti dei compagni. Il più delle volte era lo stesso insegnante che poneva domande e, trascorsi pochi secondi di silenzio, si dava una risposta. Il tutto in un’atmosfera molto rilassata e per nulla stressante. Dati i tempi, era un insegnante molto democratico.
  4. Osservando con la memoria quelle lezioni vedo come la maggior parte del tempo era occupata da un’interazione che potremmo definire asenso unico, in quanto l’insegnante parlava e gli studenti ascoltavano. Ogni tanto l’interazione con tutta la classe veniva sostituita con un’altra in cui la domanda marcava l’interazione con un singolo studente. Il quale fino ad un secondo prima di essere tirato in ballo, stava interagendo, in italiano, con il compagno di banco.
  5. Se un collega ci ospita nella sua classe possiamo osservare le attività, le modalità, le tecniche e i materiali che usa. Possiamo farci un’idea di quale metodologia segue, e secondo qualefilosofia inquadra il processo di Insegnamento/Apprendimento. Così come possiamo osservare le variabili citate, possiamo osservare la qualità, la quantità e la diversità delle interazioni che si creano durante la lezione.
  6. L’interazione in classe è unavariabile osservabile di ciò che succede durante una lezione, e quindi è una variabile che influenza l’Apprendimento.
  7. Vi sono degli studenti che studiando in un certo ambiente imparano poco e molto lentamente. Quegli stessi studenti in un altro ambiente e a distanza di poco tempo imparano di più ed in meno tempo. A volte non è sufficiente chiedersi che metodi vengono usati nelle due situazioni, perché forse il metodo è lo stesso. Per avvicinarsi a capire perché mai lo studente nella seconda situazionecomincia a muoversi mentre prima stava fermo non ci basta indagare il metodo o la personalità dell’insegnante. La variabile che forse caratterizza le due situazioni è l’interazione in classe.
  8. Se vogliamo capire perché l’Apprendimento di uno studente è più efficace di un altro in due contesti differenti, dobbiamo focalizzare la nostra attenzione, oltre che sulla probabile differenza diinput, anche alla qualità e quantità e diversità di interazioni alle quali lo studente partecipa all’interno della lezione. Questi tre elementi sono fondamentali per il suo progresso.
  9. Un’interazione con l’insegnante:

Federica: “Certe volte faccio delle domande agli studenti e mi accorgo che da una parte non sono minimamente interessata alla risposta, e dall’altra tratto lo studente come un bambino. Per esempio gli chiedo:
F. Cosa hai fatto ieri?
S. Sono andato a Firenze.
F. Ah, a Firenze. Bravo.
Per quale motivo devo ripetere con un tono di finta sorpresa la sua risposta, come se andare a Firenze fosse una cosa straordinaria, e, soprattutto, perché gli devo dire bravo? Ma mi accorgo di non farlo apposta, è come se il mio comportamento fosse automatico”.

Questa pubblica confidenza fatta da una collega milanese davanti ad altri 35 insegnanti, da una parte ha scatenata ilarità e dall’altra ha portato la quasi totalità dei presenti a riconoscersi nelle parole di Federica. Lo scambio comunicativo esposto è un tipico esempio di sequenza triadica in cui gli atti linguistici sono classificabili come: domanda – risposta – chiusura. Alcuni studiosi [2] hanno classificato la sequenza in: apertura – risposta – prosecuzione, e hanno rilevato come tale tripletta ciclica sia molto frequente nell’interazione didattica. In modo particolare è ricorrente nelle spiegazioni e soprattutto nelle interrogazioni.

  1. La comunicazione è il cardine dell’interazione, e la comunicazione verbale è spesso il nucleo dell’Apprendimento. Per favorire l’Apprendimento lo studente deve praticare, deve parlare, in quanto solamente così diventa padrone delle nuove informazioni che sta cercando di assimilare. Deve cercare di ridurre la distanza che separa ilvolere esprimere qualcosa dal potere effettivamente esprimere i suoi concetti. È fondamentale che sviluppi la sua capacità di comunicatore nel mondo reale, e lo sviluppo di questa capacità dovrebbe avvenire in classe. Ogni momento in cui non lo fa perde un’occasione importante.
  2. L’interazione con l’altro è il punto che connette l’apprendimento cosciente delle strutture linguistiche con l’apprendimento inconsapevole. Esiste una circolarità tra conoscenze formali delle strutture linguistiche e tempo passato ad interagire verbalmente con qualcuno. Ogni interazione verbale è al tempo stesso occasione di un nuovo Apprendimento e scoperta di nuovi limiti.
  3. Gli studenti hanno prima di tutto necessità di comunicare nella lingua bersaglio fin dai primi momenti di studio, e con tutti i mezzi a loro disposizione. Comunicare nella lingua bersaglio con un parlante nativo rappresenta naturalmente una situazione ottimale che favorisce l’Apprendimento, questo perché l’interazione con un nativo fornisce allo studente una controprova delle sue ipotesi linguistiche. Ma anche altresì importante che lo studente abbia la possibilità di interagire con un altro studente. Pallotti[3] scrive: “È stato dimostrato che l’interazione porta gli apprendenti a concentrarsi sulle forme linguistiche anche quando gli interlocutori sono altri parlanti non nativi, e ciò ha importanti conseguenze per tutte quelle pratiche didattiche che prevedono il lavoro di gruppo o a coppie tra studenti. Anche se, in questi casi, entrambi gli interlocutori hanno difficoltà con la seconda lingua e commettono alcuni errori, ciò non toglie che alla fine il dover negoziare il significato delle espressioni problematiche porti in genere a un avvicinamento alle norme della L2”.
    Negoziare il significato e gestire i turni di parola porta ad un avvicinamento alle norme della L2, o esiste una circolarità dei processi, per cui è vero anche il contrario?
  4. Ma qual è un tipo di interazione che possiamo definire buona? Una regola della conversazione afferma che una conversazione informale è per principio uno scambio fra pari, e chiunque vi partecipa può fare qualunque cosa permette che gli altri facciano. Quindi una interazione buona in classe è un’interazione in cui vi è un libero scambio, in cui i partecipanti hanno pari diritto a prendere la parola, pari diritto di decidere di ascoltare, di interrompere l’altro, di gestire i turni della conversazione. Due studenti che lavorano insieme sviluppano la capacità di negoziare i significati e i contenuti e, soprattutto, a gestire i turni di parola. Fondamentale importanza riveste la disposizione spaziale che decidiamo di scegliere all’interno della nostra lezione. La immodificabilità dello spazio, il non spostare tavoli e sedie, il rimanere sempre accanto alla zona lavagna, sono categorie mentali di pensiero. Per cambiare e spostare ciò che c’è nell’aula devo prima dare a me stesso il permesso di pensarlo. Modificare la disposizione spaziale degli studenti significa aumentare le probabilità che si instauri un’interazione di un certo tipo invece che di un altro. E un tipo di interazione può essere più positivo e più proficuo di un altro. E la struttura scelta è in base a decisioni prese dall’insegnante a monte.

[1] Bateson Gregory, Mente e natura, Adelphi, Milano 1974.
[2] Carli Augusto, Generi conversazionali e comportamenti interpersonali in classe, numero speciale Lend settembre 96.
[3] Pallotti Gabriele, La seconda lingua Bompiani, Bologna 1998.