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Quant’è libera la produzione libera orale?

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Agli insegnanti riuniti per il plenum finale del seminario ho domandato chi di loro prevedesse momenti in cui gli studenti debbano parlare liberamente. Oltre il 90% ha alzato la mano. È interessante come le cose cambiano: trent’anni fa, quando ho cominciato ad insegnare, se avessi fatto la stessa domanda credo che si sarebbero alzate soltanto tre o quattro mani.

Ho poi chiesto se qualcuno poteva spiegare perché lo faceva, perché prevedeva momenti in cui gli studenti dovessero parlare liberamente. Ecco ciò che hanno risposto.

Ins. A: Per me è soprattutto una questione quantitativa, perché così so che parlano tutti, per almeno, non so, 30 minuti, senza il mio controllo.

C. H.: Si, ma perché? Perché lo fai? Perché dedichi mezz’ora a questa cosa? Ins. A: Per farli sciogliere. Per lasciarli soli, a discutere, a parlare in libertà.

C. H.: Ma fanno progressi durante quella mezz’ora?

Ins. A: Sl. Io penso di si. Loro pensano di sl. Lo vedono. Lo pensano.

C. H.: Voialtri che dite? Perché passare mezz’ora in classe in questa maniera?

Ins. B: Io lo faccio per far rendere conto gli studenti del fatto che possono parlare, che hanno i mezzi per parlare. Gli studenti di solito pensano “non sono bravo”, “non ce la faccio” “non conosco le parole”. Invece è interessante che si rendano conto del fatto che lo sanno fare.

C. H.: Quindi è una cosa da fare una volta ogni tanto?

Ins. B: No, è una cosa che loro devono affrontare ripetutamente. La consapevolezza della loro capacità cresce nel tempo.

C. H.: Ma alla fine della mezz’ora – ammettiamo che sia mezz’ora come diceva la collega prima – loro sono più avanti? Hanno fatto progressi?

Questa è la domanda che pongo. Hanno fatto mezz’ora di progressi o sono rimasti allo stesso punto di prima?

Ins. A: Ma come facciamo a saperlo? Loro lo sanno. Sono contenti di aver fatto questo lavoro. Vedo che ne escono soddisfatti. Si sono scambiati le loro informazioni. Soggettivamente hanno l’impressione di essere andati avanti. Questo secondo me è l’essenziale.

Ins. C: Io vedo che durante le attività libere gli studenti tirano fuori spontaneamente parole o elementi grammaticali trattati in precedenza. Non so se ne sono consapevoli. Ma da un punto di vista affettivo ed emozionale spesso un’attività di questo genere rafforza le relazioni fra gli studenti stessi, e questo fa si che le lezioni successive siano più leggere, più piacevoli. Gli studenti sono più motivati nel fare le cose proposte successivamente. Quindi da un punto di vista affettivo e relazionale c’è un beneficio immediato. È più difficile esprimersi riguardo a un cosiddetto “progresso”. Da un punto di vista linguistico il beneficio è più sottile, credo. Però c’è.

Ins. A: Dipende anche dal numero degli studenti. Se ho 30 studenti, questi hanno a volte l’impressione di non poter parlare a sufficienza. Mentre dopo mezz’ora, o anche soltanto 20 minuti, di scambio libero a coppie sono più soddisfatti perché hanno fatto quello che desideravano fare. Per quanto riguarda l’esercitare il lessico, la grammatica, non ne sembrano coscienti, però me ne rendo conto io.

Ins. D: Se è vero che si impara ad insegnare insegnando, allo stesso modo loro imparano a parlare parlando. Durante la produzione libera orale loro stanno parlando, quindi si esercitano proprio in ciò che vogliono imparare.

Ins. E: Non vedo l’utilità di rispondere alla domanda se dopo mezz’ora loro hanno fatto progressi o no. Ma lo studente cosa fa? Viene a scuola principalmente per parlare, no? Io, per esempio, quando avevo un anno di età, all’inizio provavo ad alzarmi e poi, aggrappandomi a qualche sedia, ho provato a camminare. Un giorno ho fatto qualche passo, sono caduto, mi sono rialzato, poi piano piano ho acquistato sicurezza, ho rinforzato i muscoli delle gambe, e, in seguito a tutto un insieme di cose, un certo giorno ho incominciato a camminare. Allora, io credo che la cosa importante non sia tanto sapere se lo studente dopo mezz’ora ha fatto un progresso linguistico – certo c’è sempre un pochino di progresso – I’importante, secondo me, è che diamo loro la possibilità di provare.

C. H.: Vorrei giustificare la domanda. Quando ho cominciato ad insegnare, durante i corsi di lingua non si prevedevano momenti in cui gli studenti dovessero parlare liberamente. C’erano i corsi di lingua, e poi, per chi voleva, per un piacere in più, c’erano delle lezioni di “conversazione”: sessioni in cui gli insegnanti che contavano di meno, quelli appena arrivati come me, dovevano andare in classe e trovare qualche modo simpatico per far parlare gli studenti. Però era facoltativa, era una cosa in più, non era una cosa seria: non faceva parte del corso. Allora, se voi dite che “rubate” tempo dall’insegnamento per fare questo tipo di cosa, penso che sia sensato domandarsi se lo studente fa progressi o meno. Perché se non fa progressi non si deve fare. Si devono organizzare lezioni supplementari di conversazione per chi le vuole, come si faceva una volta.

Ins. F: Il progresso è in generale: si impara a parlare parlando. Però non so se si può misurare un progresso alla fine di mezz’ora di produzione libera. Comunque, dopo una successione di produzioni libere un progresso ci sarà. Produzione libera significa far capire, far sperimentare la piacevolezza del comunicare nella nuova lingua, perché è un gran piacere vedere che si riesce a comunicare significati in modo che l’altro li capisca; cosa che all’inizio era impossibile.

Ins. G:Parlare liberamente è anche riprendere, ripescare delle parole, delle frasi, dei pezzetti di lingua che sono entrati nella testa leggendo, ascoltando – da tutte le parti. Sono entrati e li devi ripescare e provare a usarli. È importante anche che ci sia la voglia di comunicare, quindi un argomento interessante che stimoli la voglia di farlo e la tensione a ripescare le parole che servono allo scopo. Prova una volta, prova due volte, fino a che non le fai tue.

Ins. H:Io utilizzo quanto più tempo possibile per la produzione libera, perché gli studenti devono imparare a gestire la conversazione, a negoziare i significati, a utilizzare riformulazioni affinché il pensiero che loro vogliono comunicare arrivi all’altro. Tutto questo viene esercitato unicamente durante la produzione libera, e quindi il progresso è garantito. Direi che bisogna farla spessissimo.

Ins. I: Durante questo seminario si è detto che spesso l’insegnante parla troppo. Questo mi ha molto colpito perché anch’io, ad esempio, spesso parlo troppo in classe. Per cui penso che l’idea di prevedere anche un momento tutto loro, da cui io venga esclusa, sia molto positiva.

Bene, a questo punto vorrei dire una cosa sulla produzione libera orale. Si consideri lo schema sottostante che rappresenta le varie classi di attività didattiche da proporre agli studenti.

LE 8 CLASSI DI ATTIVITÀ DIDATTICHE

Questo seminario, nella parte in cui sono state trattate attività didattiche, ha preso in considerazione le due caselle in alto a destra. Fra i vari concetti illustrati dallo schema a proposito dei criteri di programmazione di un corso di lingua, ce n’è uno che vorrei sottolineare qui. Si tratta della linea verticale che divide le attività controllate da quelle libere. È importante che questa linea sia forte. Nell’insegnamento linguistico ortodosso di oggi questa linea è invece piuttosto debole e ritengo che questo fatto sia negativo.

Mi spiego meglio. Spesso quando organizziamo attività di produzione libera orale in classe – per tutti i motivi espressi prima – rimaniamo delusi: gli studenti non parlano abbastanza, si impegnano poco, finiscono troppo presto, i timidi non parlano, non vediamo ciò che speravamo. Io credo che un motivo fondamentale di tutto ciò sia proprio la debolezza della linea di demarcazione fra il controllo e la libertà. L’insegnante magari dice: “Va bene, devono essere liberi quindi non li correggo, perché eventuali interruzioni da parte mia potrebbero inibirli. Però sono sempre un insegnante di lingua, devo fare qualcosa, devo di mostrare la mia professionalità”. Insomma, l’insegnante appunta su un foglio gli errori che sente e li tratta successivamente, in un modo “democratico”, senza dare schiaffi morali a nessuno. Che c’è di male?

Il problema è che ogni cosa che noi facciamo durante una lezione fornisce agli studenti un’informazione su ciò che succederà la prossima volta che la stessa attività verrà proposta. L’informazione comunicata è che l’insegnante s’interessa a che gli studenti facciano meno errori. Ebbene, lo studente è molto disponibile a cercare di soddisfare i nostri desideri, egli pensa: “Bene, se l’insegnante vuole che io faccia meno errori lo accontenterò”. E sappiamo tutti che per fare meno errori basta abbassare l’ambizione dei messaggi trasmessi, basta dire cose meno impegnative, meno interessanti, meno cariche di emozioni. Cose più piatte, più banali. Meno cose.

Insomma il mio appello è di rendere le attività libere veramente libere: senza nessuna attenzione da parte dell’insegnante riguardo a come gli studenti parlano. Il risultato saranno produzioni libere orali molto più efficaci nel perseguimento degli obiettivi espressi dai vari colleghi negli interventi riportati sopra.