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Il pozzo

Eppure io credo che se ci fosse un po’ più di silenzio,
se tutti facessimo un po’ più di silenzio, qualcosa potremmo capire.
La voce della luna, Federico Fellini

La musica stava per finire e di lì a poco avrei dovuto distribuire i fogli, invitando i partecipanti a scrivere. Sentivo l’ansia crescere dentro e mentalmente, quasi per tranquillizzarmi, ripetevo parola per parola le indicazioni che dovevo dare. Come avrebbero reagito? Sarebbe stato un atto di “obbedienza” o avrebbero vissuto l’atto dello scrivere come un gesto liberatorio, quasi una necessità che nasceva dal profondo di loro stessi?

Quante volte nei miei corsi, invitando gli studenti a scrivere, avevo visto sui loro volti il disappunto, accompagnato talvolta da sonori sbuffi. Eppure io ce l’avevo messa tutta per motivarli, presentando l’attività nel modo più autentico possibile, ma evidentemente non era bastato perché tutti, chi più chi meno, avvertivano l’artificiosità della stratagemma.

Anche il compito classico della lettera all’amico italiano veniva affrontato con una buona dose di scetticismo, dovuto al fatto che quella lettera non l’avrebbero mai spedita. Per non parlare poi degli altri spunti che costringevano gli studenti ad immedesimarsi in ruoli e situazioni a dir poco improbabili.

Poi un giorno avevo letto una frase che poteva sembrare ovvia, ma che mi aveva fatto riflettere. Non ricordo con esattezza le parole, ma il significato era questo: si scrive solo se si ha qualcosa da dire.

“La scrittura quindi deve essere un mezzo di comunicazione, deve nascere dalla necessità di comunicare.”
“Sì, ma al giorno d’oggi è molto più facile impugnare il telefono che la penna…”
“è vero, ma ci sono situazioni in cui neanche il telefono ti può essere di aiuto.”
“Cioè? Spiegati meglio.”
“Sto pensando a tutte quelle situazioni in cui la comunicazione non è possibile, o imbocca una strada diversa da quella che abbiamo immaginato. Pensa, ad esempio, alle situazioni di conflitto fra 2 persone. Succede molto raramente che i due interessati riescano a spiegarsi apertamente fino in fondo, oppure pensa al senso di impotenza che si prova in altre situazioni di fronte a decisioni o fatti che non dipendono da noi. In questi casi la scrittura può essere un mezzo valido che ci aiuta a ripristinare la comunicazione, a vedere più chiaro in noi stessi e, forse, negli altri.”
“Tu pensi quindi ad una lettera chiarificatrice…”
“No, penso a qualcosa di più intimo, più profondo… penso alla possibilità che la scrittura offre ad ognuno di rivivere a distanza situazioni problematiche, individuando il nodo che ha impedito alla comunicazione di passare, e di scioglierlo quel nodo…”
“… ad una specie di psicodramma!?…”
“Sì, ecco… uno psicodramma scritto, un qualcosa che ti permetta di rimodellare la realtà creativamente…”
“Ma sei cosciente dei rischi che corri? Come pensi che reagiscano gli studenti a situazioni di questo tipo? e tu… metti il caso che qualcuno scoppi in lacrime, tu come pensi di fronteggiare questa situazione?”
“Non lo so…”

Queste riflessioni, sempre fra me e me, mi accompagnarono per alcuni giorni, finché non decisi di provare.

La mia classe di allora, lo ricordo benissimo, era un gruppo avanzato di 5-6 persone, con cui avevo un buonissimo rapporto. Un giorno li pregai di uscire dall’aula e, una volta solo, sistemai le loro sedie in modo confuso per eliminare visivamente l’impressione del gruppo. Ognuno di loro rientrando doveva avere la sensazione di essere solo. Ricordo il batticuore con cui, eseguendo i movimenti, pensavo a ciò che avrei fatto dopo, alle istruzioni che avrei dato e alla reazione degli studenti. Quando li invitai a rientrare li pregai di sedersi e seguire le mie istruzioni. Queste ultime me le ero scritte su un foglio ed erano raggruppate in due blocchi, corrispondenti alle due fasi dell’attività introduttiva allo scrivere vero e proprio. La prima fase la definirei “rilassamento controllato” e la seconda “introspezione catartica”.

Mentre leggevo sentivo la mia voce tremolare e il batticuore non accennava a diminuire. I volti degli studenti, invece, non tradivano alcuna emozione. Dopo 15 minuti, tanto durarono le 2 fasi introduttive, li invitai a prendere carta e penna e a scrivere tutto ciò che volevano. Una di loro mi domandò se avrei letto i loro scritti ed io risposi che l’avrei fatto solo se loro me l’avessero chiesto espressamente.

Avevo dato loro, per scrivere, 45 minuti, al termine dei quali ci fu uno scambio di impressioni sull’attività nella sua globalità. lo stupore per la novità era grande ma era accompagnato da una relativa soddisfazione per la facilità dello scrivere. Senza infamia e senza lode direi di quel primo esperimento, ma il fatto che non ci furono reazioni indesiderate mi ha indotto a continuare nella sperimentazione.

Ho limato, cambiato, accorciato le istruzioni iniziali fino a portarle a 7 minuti, ho cercato una musica di sottofondo adatta all’atmosfera che volevo creare, in cui gli studenti potessero sviluppare una tensione creativa senza essere in balia di emozioni troppo forti. Gli esperimenti successivi diedero esiti migliori e, anche se vi furono voci discordi, la maggioranza era pienamente soddisfatta e soprattutto sorpresa dall’impeto e dalla facilità con cui la penna si era mossa sul foglio bianco.

Ora, al seminario, la situazione era un po’ cambiata in quanto non stavo più sperimentando con studenti che conoscevo, ma mi trovavo si fronte a 13 colleghi, 11 dei quali non li conoscevo assolutamente. Non sapevo quindi come avrebbero reagito sentendosi guidare su sentieri che forse non volevano percorrere.

Avevo cominciato secondo un copione ormai collaudato: le sedie, la musica, l’ingresso dei partecipanti al seminario, la prima istruzione:

– Mettetevi in una posizione comoda.

alla quale erano seguite a brevi intervalli di tempo le altre, pronunciate con voce “calma” e scandita.

– Dimenticate tutto ciò che è fuori, tutto l’esterno e concentratevi su voi stessi.
– Sentite il flusso del vostro respiro.
– Sentite l’energia che entra in voi attraverso il vostro respiro.
– Respirate profondamente e concentratevi su voi stessi.
– Il vostro corpo è rilassato, ma i vostri sensi sono svegli e la vostra mente è lucida e sgombra.

A questo punto avevo fatto una pausa un po’ più lunga per separare la prima fase dalla seconda, e quindi avevo ripreso:

– Ora pensate a una persona molto importante nella vostra vita…
– … e pensate a una situazione di conflitto che voi avete vissuto con questa persona, una situazione irrisolta in cui non è stato possibile comunicare…
– … voi avreste voluto parlare, spiegare… ma purtroppo non è stato possibile.

Leggendo queste istruzioni, osservavo i visi dei partecipanti, ma fino a questo punto non avevo notato niente che potesse far pensare al peggio. E così ho continuato:

– Ricordate la situazione in tutti i suoi dettagli: come si è creata, come si è sviluppata, come è terminata, e pensate a come avreste voluto che terminasse.
– Pensate a dove eravate e ricostruite la scena in tutti i suoi dettagli.
– Lasciate che i ricordi emergano, prendano corpo, si materializzino nella vostra mente…
– Davanti ai vostri occhi adesso ci sono due figure, voi e l’altra persona, che stanno vivendo quella situazione…
– Ascoltate quello che le due persone dicono, guardate quello che fanno, i loro gesti, le loro espressioni…
– … mettete a fuoco tutti i particolari della scena: il luogo, l’aspetto fisico delle due persone, il loro stato d’animo, il perché del loro contrasto…

A questo punto mi era parso che una delle partecipanti desse segni di nervosismo, ma non potevo vederla in viso e poi, al punto in cui ero, dovevo assolutamente continuare:

– Adesso date dei nomi alle due persone, due nomi diversi da quelli reali.
– Ora le due persone sono diventate personaggi e volendo potete cambiarne anche l’aspetto fisico…

La musica stava per finire e di lì a poco avrei dovuto distribuire i fogli, invitando i partecipanti a scrivere. mancavano ancora alcune istruzioni:

– Adesso io vi distribuirò dei fogli che vi daranno la libertà di far rivivere ai vostri due personaggi un episodio della loro vita. E ora l’episodio potrà svilupparsi e terminare come voi decidete…
– Le vostre emozioni vi danno l’energia per raccontare la storia dei vostri personaggi, il loro legame, il loro conflitto…
– la vostra sensibilità vi indicherà la strada che l’immaginazione potrà percorrere.

La musica era finita da qualche secondo ed io mi sono affrettato a distribuire i fogli su cui avevo scritto in bella evidenza: “Non leggerò quello che scrivi a meno che tu non me lo chieda espressamente”. Ora non mi restava che aspettare 45 minuti osservando i partecipanti per cogliere eventuali segni di nervosismo, ma per fortuna tutto è filato liscio.

Uno dei partecipanti ha scritto pochissimo, ma non mi è sembrato opportuno intervenire, tanto più che gli altri erano tutti immersi nelle loro storie e se mi fossi mosso questo avrebbe potuto disturbare qualcuno.

Al termine dei 45 minuti nessuno mi ha chiesto di leggere ciò che aveva scritto, né il lo desideravo, ma il fatto che una delle partecipanti uscendo mi abbia ringraziato sinceramente per l’esperienza che ha definito, esagerando, mistica, mi ha dato la spinta a continuare su questa strada.