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Consultazione in coppie: ma cosa fanno vera­mente gli studenti?

Da tempo ormai e da più parti si insiste sulla necessità e sull’importanza del lavoro di gruppo o di coppia da parte degli studenti. Il tutto, naturalmente, fat­to in piena autonomia, senza controllo, quindi, da parte dell’insegnante. Se an­diamo a ritroso nella storia della glottodidattica, vediamo quanto ampia sia la “letteratura” profusa in questa direzione. Si può dire che negli ultimi venti­venticinque anni si è parlato molto di autonomia di gruppo, di socializzazione, d’interazione fra studenti.

Può succedere, ad esempio, che durante un’attività di Ascolto autentico gli stu­denti, due per due, vengano invitati a “raccontarsi ciò che hanno capito”. Do­podiché l’insegnante si ritrae in disparte, lasciandoli lavorare autonomamente. E a questo punto, però, che nella mente del docente nascono pensieri, dubbi, ansie e soprattutto una grande curiosità che può essere così formulata: ”Che co­sa fanno veramente questi due studenti a quattro passi da me?” Per tentare di dare qualche risposta a quest’ultima domanda ho assunto la responsabilità di un piccolo segmento di ricerca, che molti partecipanti al seminario hanno visto ma­terializzarsi nel laboratorio in aula D.

Durante la prima fase della ricerca si è trattato, sostanzialmente, di visitare varie classi in cerca di campioni di socializzazione fatta dopo un ascolto. Non è stato semplice, vuoi per disguidi prettamente tecnici, vuoi perché spesso il ma­teriale non era così ricco di spunti significativi. Soltanto dopo circa due settima­ne sono saltate fuori due registrazioni interessanti sulle quali ho lavorato e che vedete di seguito trascritte nella versione integrale, con tutte le irregolarità che, naturalmente, contiene un testo autentico. Questi testi trascritti più la cassetta originale con le relative registrazioni erano anche il materiale sul quale abbiamo fatto il lavoro di analisi di laboratorio con 6 gruppi di colleghi partecipanti al seminario.

Ma torniamo per un attimo alla mia ricerca. Ascoltando il nastro registrato, ho fatto una bella scoperta: i due studenti erano immersi, anche con un certo impegno, in un lavoro di collaborazione finalizzata ad esplorare, con i loro mez­zi, il brano poc’anzi scollato. A tratti si procedeva brancolando un po’ nel buio, ma poi uno di loro accendeva una luce e un tratto di cammino s’illuminava. l’ih avanti l’altro gli dava il cambio rendendo praticabile un altro pezzetto di stra­da… e così via. Uscendo fuor di metafora, i due studenti stavano, pur se in ma­niera rudimentale, ricostruendo il brano ascoltato con sforzi “esplorativi” non indifferenti. Questa consultazione si stava, insomma, rivelando un valido mo­mento di apprendimento in sé.

Ciò che ho notato è che, generalmente, nei momenti di “esplorazione colla­borativa” i due studenti (A e B) si comportavano, più o meno, secondo lo sche­ma seguente:

  1. A faceva un’apertura;
  2. aggiungeva, completava, talvolta modificava;
  3. A prendeva atto.

Talvolta nello spazio fra ed il secondo A i due risolvevano comuni perples­sità, spesso di carattere lessicale, altre volte di tipo morfosintattico.

Questa socializzazione a due è, dunque, un momento di grande valore nel­l’economia d’un corso, un momento che potremmo definire “ricco”, proprio perché fatto in piena autonomia. Perciò un’insegnante sensibile non dovrebbe accorciare la durata delle consultazioni, che dovrebbero finire solo quando fini­scono le parole. Ovviamente non dovrebbe interferire e tantomeno correggere. Più lo studente si sente autonomo, più avverte che sta lavorando “tra pari” e più proficua sarà l’attività di socializzazione, nel senso che si liberano energie, abilità, competenze che, altrimenti, rimarrebbero soffocate dalla figura dell'”au­thority” linguistica, cioè l’insegnante. Per quest’ultimo io vedo configurarsi sem­pre più, nell’ambito di una didattica che vuoi chiamarsi moderna, un intelligente ruolo di regia, di accorta preparazione delle attività, piuttosto che quello del pri­m’attore onnipresente, straripante, soffocante.

Chiudo il paragrafo con una nota che, anche se esula dal tema della mia ri­cerca, sento la voglia di presentare, perché essa contiene la riconferma di un’idea che da un pezzo circola negli ambienti della linguistica e che io ritengo molto valida. Si tratta di questo. La cassetta sulla superstizione, da cui ho scelto il bra­no più interessante, conteneva in originale la registrazione di 3 coppie di studen­ti sullo stesso argomento. Bene, ascoltandola sembrava, li per lì, che ogni studente avesse ascoltato una cosa diversa. Poi mi sono incuriosito ed ho ascoltato più volte queste 6 persone e mi sono accorto che, invece, ognuno, non so con quale criterio, selezionava dal brano ascoltato quello che voleva, e comunque non le stesse cose degli altri. Questo mi ha ribadito una volta di più che non c’è l’inter­pretazione oggettiva di un brano. L’ascolto è sempre soggettivo e selettivo.

Ma torniamo al seminario. Il mio laboratorio si è articolato nel modo seguente:

  1. Ascolto della cassetta in cui sono stati registrati gli studenti in consultazione.
  2. I colleghi da me stimolati hanno assodato che gli studenti stavano procedendo secondo la modalità di “esplorazione collaborativa”.
  3. I colleghi, ascoltando le due consultazioni, stavolta con la trascrizione davan­ti, hanno individuato le battute in cui la suddetta modalità traspariva con una certa evidenza.
  4. Consultazione a coppie e discussione finale.

Le trascrizioni

N.B. Per comodità del lettore, le battute in cui la coppia di studenti “esplora in collaborazione” sono riportate in grassetto”.

Rocco Chinnici

A: Ma…
B: No, non ho capito assolamente (assolutamente) la situazione delle doni e quest… questa situazione… Ehm! …ha cambiata.
A: Si!
B: Si!
A: Ha passato…
B: E l’oggi?
A: E oggi è forse possibile che le donne “are” importanti per la mafia.
B: Sì! Sì.
A: Eh!Ha passato è non
B: E e sono più integrate?
A: Sì, sì, sì, sì!
B: Sì!
A: E … emancipazione come… com’è?
B: Si . . .
A: E… allora… ma il senso che ha detto… le parole “uccidere”, “uccidere”,”uccidere”… non lo so! Non ho capito tutti!
B: Si! Anch’io!
A: Perché non … non so perché ha detto “uccidere”, “uccidere” … ma io … lo so con il giornale che … che la mafia uccide …
B: … le persone!…
A: Tante persone e … mor … e … assinato … a.
B: Assassi…
A: Sì! Assassinato i bambini e anche le donne
B: Sì!
A: Ma non ho capito tutti.
B: Oggi non …
A….. non, non una guerra “entra” le famiglie …Ah! “So!”
B: Ma è detto qualcosa di… di lavoro
A: Lavoro?
B: Di qualcosa Ya! Qualcosa di lavoro che… io… io penso che… che il capo vuole… ehm!… ha voluto dire… dicere… che che non sono… non è un lavoro normalmente… no! normale!… questo capo.
A: Che è una mafia? Che è una persona della mafia?
B: Si. No, normale! Ma non ho capito tutto! Qualcosa di… di lavoro.
A: Io ho dimenticato, ma… ma ultima è… è… la… l’intervista Ah!… vuole… vuole sapere la situazione oggi.
B: Si.
A: La situazione della mafia oggi… e… e lui ha detto che… che…
B: Che è più brutto… senza morale.
A: Senza morale, sì!

B: Ehm! Abbiamo parlato prima il consenso con la popolazione.
A: Popolazione?
B: Nono … Non c’è un consenso con la popolazione … ehm! … fra …
A: In … Eh!La mafia e la popolazione? Si?
B: Si! No, non … non c’è!
A: Lui crede che non è che c’è non un senso, ma forse
B: Si, forse!
A: Forse. E, infine lui ha detto che mafia… ah… calpestare tutti, ma… uhm! E… la morale della… della mafia è giù. O.K.? Si?
B: Ya! Si.
A: E… anche nuova impressiona?
B: No! Tutto è droghe
A: Ma… Droga, sì!
B: Consenso popolazione, le donne… ehm!…potenza economica a Sici… a Sicilia… sì?
A: Sicilia c’è la colonno… colonista della mafia?
B: Sì, sì, potenza economica e…
A: E… Ma parola “uccidere”: non capito tutto il senso di “uccidere”, ma…
B: Anch’io!
A: Ah! Ha ca… Ah! Penso… Cre… Ah! Credo che… ahm! Come si dice? Che la… la… uhm!… confrontazione…
B: Si!
A: … tra due famiglie di mafia e … Ma penso a 20 anni fa le famiglie hanno un… una guerra.
B: Si!
A: Ma oggi è …
B: Non ho capito tutto!
A: E anche …
B: Le donne …Che hai detto?

Superstizione

A: (Se) ti capita un incidente… o tu devi cadere… adesso…
B: Ah! Devi guardare che ti si prende la parte destra, se no non guariscono.
A: Si. Poi… altra cosa… Ah! Si da la m…
B: Tutte le cose da fare, per esempio!
A: Si tira la mano di destra
B: Ah! Si! Se si dà la mano a qualcuno, sì dà la mano destra, oppure sulle strade si guida di destra.
A: Si guida… sì! Poi si dà… si fa la croce con la destra.
B: Ah! con la destra, sì!
A: Poi ci raccontava questa storia dei vecchi romani con…
B: Ah! Ma… Ah!
A: Con gli… gli schiavi?
B: Sì, sì ha detto che prima di entrare al portone c’erano dei schiavi che guardavano che entravi col piede destra, che era il simbolo che in quel­la casa c’era ordine.
A: Uhm! Andava tutto bene, sì!
B: Invece se entravi col piede sinistra te lo potevano pure tagliare.
A: Eh! Eh!Lo schiavo, cioè . . .
B: No, no quello che entrava col piede sinistro
A: Perché portava la sfortuna.
B: Port… eh! portava sfortuna. Eh! In casa.
A: Infatti ha detto che si entrava soltanto con la sinistra…
B: Uhm!
A: Ah!… quando nella casa andava male, quando c’era un guaio.
B: Eh! Aveva pure detto che il padre se ti dia dei schiaggi te la dava sempre con la mano destra e perciò, magari, adesso sei del… della sinistra!
A: E lui è diventato di sinistra, sì!
B: (Nel) parlamento. Ecco! Poi che altro c’era?Uhm! Uhm!Ah! Qualcosa dei toscani, però non ho capito molto bene, qualcosa da tirare fuori… que­sto dal buco… non lo so!
A: Sette mancini… qualcosa…
B: Sette mancini con la s…
A: In un tavolo
B: In un tavolo? Bob! Non lo sa, non ho capito!
A: Ah! Ah! No? Non si capisce il toscano molto bene.