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Discussione sulla Produzione libera orale immaginaria

Rosario Romero, insegnante di francese presso la Dilit International House, ha proposto durante il Seminario la dimostrazione di una Produzione libera orale di tipo immaginario: il Ristorante. Ha diviso la classe (di principianti) in camerieri e clienti, ha dato istruzioni diverse ai due gruppi, ha fornito il materiale di scena (i menù, il necessario per i tavoli, i soldi, ecc.) e una volta entrati i clienti al ristorante si è seduta in disparte; l’unica traccia della sua presenza era la frase che aveva scritto alla lavagna per guidare eventuali richieste d’aiuto: “Comment on dit…?”.

Gli studenti (tutti insegnanti provenienti da diverse esperienze d’insegnamento) si sono evidentemente divertiti ad interpretare il proprio ruolo in un francese molto approssimativo: non tutti si sono avvalsi della frase scritta alla lavagna, e qualche “cameriere” ha cercato Rosario per risolvere i problemi con i clienti, come se lei fosse stata la direttrice del ristorante. Quando i primi hanno terminato, Rosario ha chiesto ad alcuni una “messa in scena” e un gruppo ha reinterpretato la propria vicenda, diversa da quella degli altri (nonostante lo stesso contesto) e diversa, in realtà, anche da quella che aveva “vissuto” fino ad un attimo prima.

Nello scegliere clienti e camerieri, prima, e il gruppo che recitasse per tutti, dopo, Rosario non aveva adottato particolari criteri prestabiliti (ad es. la maggiore conoscenza del francese di alcuni rispetto ad altri): proprio per chiarire le motivazioni di queste scelte e delle istruzioni date agli studenti, le sono state fatte domande ben precise all’apertura del dibattito. Poi si è parlato delle reazioni rispetto ai ruoli e ai compiti assegnati: una “cameriera” si era sentita limitata, all’inizio, dal proprio ruolo, per poi accorgersi di poter comunque esprimere se stessa: alla fine era stata contenta di aver dato qualcosa di sé al proprio personaggio; alcuni clienti erano stati infastiditi dalla continua presenza dei camerieri mentre altri si erano divertiti ad essere un po’ “rognosi”, poco disponibili, come se il gioco permettesse loro delle provocazioni, che nella realtà non sono sempre possibili (e qui diventano forse liberatorie). Infine degli studenti dicevano di essersi rivolti a Rosario non come ad un’insegnante ma assegnandole un ruolo super partes, facendola entrare così nel gioco.

L’unica perplessità, che abbia toccato le motivazioni di fondo dell’attività, è stata sollevata da un’insegnante, che aveva sofferto la limitatezza del proprio vocabolario: durante la prima parte, e poi durante la “recita” (era stata una delle attrici), aveva sentito di non potersi esprimere e si chiedeva se, per un principiante, non fosse meglio acquisire le forme e il lessico essenziale, prima di buttarsi allo sbaraglio come in questa attività. Anche durante la recita era stata questa, per lei, la difficoltà più grossa e non l’essersi esposta ad un pubblico.

Le è stata fatta notare, allora, la frase alla lavagna, di cui lei in effetti non si era servita. Scegliere di interrompere la comunicazione per chiedere aiuto dipendeva solo da lei, e per ogni studente nella stessa situazione, faceva notare Christopher Humphris, si tratta di una scelta difficile ma solo se questa avviene, ha senso che l’insegnante intervenga. In questo caso, infatti, risponde ad un bisogno comunicativo reale, nel momento in cui questo si manifesta spontaneamente; l’informazione ricevuta in questo modo ha più probabilità di essere acquisita.

Qualcuno si chiedeva ancora se alla fine di questa attività non fosse meglio prevedere un tempo per le domande sulle forme e sul lessico, ma non tutti gli insegnanti si sono trovati d’accordo: per le attività grammaticali c’è sempre tempo e comunque deve essere lo studente il protagonista di questo momento, imparando ad essere consapevole dei propri limiti e delle proprie capacità espressive, a chiedere aiuto quando e se ne ha bisogno. Qualcuno aggiungeva come attraverso quest’attività si possano misurare i propri reali bisogni comunicativi ed è questo che rende lo studente più consapevole e motivato: l’apprendimento sarà frutto di una ricerca personale attraverso tutte le attività proposte dall’insegnante.

L’importante, insomma, è buttarsi, senza pensare a come si parla. Il problema sorge quando in classe ci sono persone poco disponibili al gioco, per motivi culturali o personali, e che hanno difficoltà a gestire autonomamente lo spazio e il tempo che l’insegnante concede loro; anche per questo Rosario aveva offerto diversi spunti concreti per la comunicazione, che potevano essere sfruttati così come potevano benissimo anche essere del tutto tralasciati; per alcuni erano stati una “regola” da rispettare, un limite, altri avevano creato motivi di contrasto diversi da quelli pensati da Rosario. Di fatto, tutti hanno parlato per almeno mezz’ora in una lingua di cui avevano in realtà poche conoscenze.