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Scrivere all’insegnante

L’intonazione, la pausa, l’espressione del viso e il gesto mi aiutano moltissimo quando parlo ed è anche per questo che mi piace parlare. Per scrivere, invece, ho bisogno di riflettere molto e, soprattutto, di un forte stimolo iniziale. Quando scrivo ho sempre il timore di non essere chiaro e lineare e i miei vecchi testi, rileggendoli, spesso non mi soddisfano più. Quando ero studente tutto ciò era accentuato e si aggiungeva anche la preoccupazione di evitare gli errori grammaticali e sintattici.

Quindi non ero affatto sorpreso nel constatare che la discussione, al termine della rapida video-presentazione dell’attività di scrittura, si aprisse sull’importanza della stimolazione e della possibile eliminazione delle eventuali preoccupazioni degli studenti al fine di facilitare la produzione libera scritta.

Gli interrogativi emersi durante il dibattito erano:

  • quale e quanto impegno viene richiesto all’insegnante;
  • quale e quanto impegno viene richiesto allo studente;
  • quando e dove fare queste attività;
  • quanto tempo dedicare a queste attività.

In merito alla “lettera all’insegnante”, ad esempio, ci si chiedeva se l’insegnante dovesse rispondere e se ci fosse un limite allo scambio di corrispondenza, infine, se la lettera dovesse essere scritta a casa o in classe.

La principale preoccupazione, naturalmente, era quella di trovare il tempo per rispondere individualmente a tutti gli studenti. Non è facile trovare una risposta che soddisfi tutti, perché dipende dal tipo di studenti, dal numero degli stessi , se sono della stessa o di diversa nazionalità e dal tipo di rapporto che si riesce a stabilire con loro e tra di loro. In genere, almeno la prima lettera è consigliabile farla scrivere in classe e le successive a casa. Non è necessario rispondere immediatamente, ma non bisogna lasciar passare troppo tempo (1 o 2 settimane). Non costringere mai a scrivere , ma rispondere nei limiti del possibile, anche se brevemente .

La discussione sulla correzione da parte dell’insegnante delle composizioni scritte ha infuocato il dibattito. Infatti, due erano le tesi principali in contrapposizione tra di loro:

1- La correzione è il modo più diretto per il discente di rendersi conto dei propri errori grammaticali e sintattici; inoltre, non si può negare agli studenti il diritto ad essere corretti (molti di loro lo richiedono espressamente).

2- La correzione inibisce il discente frenando la produzione scritta. La paura di sbagliare diminuisce la voglia di scrivere e soprattutto limita la fantasia, anche perché quasi tutte le energie degli studenti vengono convogliate (indirizzate) unicamente sulle forme grammaticali e sintattiche a danno della libera espressione.

Al termine del dibattito, comunque, tutti erano abbastanza d’accordo sull’opportunità di evitare la correzione diretta da parte dell’insegnante (almeno nel senso tradizionale della parola), anche quando è espressamente richiesta dallo studente.

In alcuni casi è possibile proporre la correzione tra di loro ed intervenire solo quando viene richiesto un giudizio “arbitrale”. Nel caso della lettera all’insegnante, ad esempio, la “correzione” avviene nel momento in cui l’insegnante, rispondendo alla lettera dello studente, riformula, laddove è possibile, alcune espressioni o semplicemente alcune parole.

Si può concludere dicendo che una certa elasticità non guasta mai, tenendo ben presente che se è vero che scrivere bene implica la conoscenza e quindi la corretta applicazione delle regole, è pur vero che per arrivare a questo bisogna prima “scrivere”, anche andando al di fuori delle regole stesse.

A proposito di scrivere, mi ricordo che una delle mie primissime soddisfazioni della vita è stata quella di riuscire a scrivere il mio nome in maniera leggibile, adesso invece, quando appongo la mia firma da qualche parte, ad esempio su un assegno, provo un senso d’insoddisfazione.