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Un salto in libreria III: “Programmazione neurolinguistica” di R. Bandler et al.

Dovendo preparare un laboratorio per il nostro Seminario Internazionale di maggio ’96, quello su “I principianti e la gioia dell’apprendimento”, forse qualcuno lo ricorda, ho potuto avvalermi di un prezioso testo di Richard Bandler intitolato Usare il cervello per cambiare, in cui erano riportati seminari e sperimentazioni di questo ricercatore americano, scanditi con regolarità da riflessioni, da cui traspariva in grande evidenza la sua “grande trovata”, cioè la teoria della PNL, sigla che sta per Programmazione neurolinguistica. E “Programmazione neurolinguistica” è un altro titolo del medesimo filone che mi è capitato di sfogliare durante le vacanze natalizie, tra una fetta di panettone e un bicchiere di quello buono.

È una pubblicazione del 1980 in America, del 1982 in Italia, perciò precedente a Usare il cervello per cambiare approdato in Italia nel 1986 per i tipi di Ubaldini – Astrolabio. Devo dire che ho letto più volentieri quest’ultimo testo, forse perché ne avevo bisogno come il pane per quel benedetto seminario su ricordato. La lettura di Programmazione neurolinguistica, invece, non ha esercitato su di me un fascino a presa rapida, ma, all’inizio, solo un vago interesse: forse perché non amo particolarmente i libri infarciti di formule algebriche e diagrammi o forse anche per la scarsa disposizione all’approfondimento paziente che s’impadronisce di me sotto le feste. Diciamo che ho cominciato a drizzare le antenne leggendo la parte numero 4, ma su questa vi intratterrò con dovizia più tardi.

Che cos’è, dunque, la Programmazione Neurolinguistica?

Volendola definire nel modo più semplice posso dire che è un’elaborazione teorica di R. Bandler, coadiuvato e non poco da J. Grinder ed altri, secondo la quale esistono tre modalità fondamentali attraverso le quali opera il cervello nella sua attività rappresentativa dei dati: la modalità visiva, quella auditiva e quella del movimento o cinestesica. Ognuna di queste modalità generali è suddivisibile in submodalità. La modalità visiva, per esempio, ha come submodalità la nitidezza, la luminosità, la distanza, la collocazione spaziale di qualcosa; per la modalità auditiva abbiamo, come submodalità, il suono, il ritmo, la chiarezza, la risonanza, il volume e così via; per la modalità cinestesica abbiamo, come esempi di submodalità, il movimento, la durata, il numero, l’intensità eccetera. Ed è proprio lavorando sulle submodalità che si possono ottenere cambiamenti sostanziali, Bandler direbbe miglioramenti, nel modo di vivere un’esperienza da parte di una persona, quindi nel suo comportamento. È chiaro che le esperienze, che un essere umano può vivere negativamente e quindi suscettibili di miglioramento, sono molteplici e, tuttavia, al solito grande o piccolo malessere che classicamente richiede l’opera di uno psicoterapeuta.

Accoglienza nel mondo psicoanalitico

Mi stupisce, perciò, che in Italia i lavori di Bandler e soci abbiano finora trovato una certa accoglienza soltanto nel mondo psicanalitico e non, almeno mi sembra, nell’ambito scolastico, commerciale, manageriale, giuridico e via dicendo. Ne è un sintomo la presentazione italiana di La Programmazione neurolinguistica fatta da Carlo Moiso e Michele Novellino. Essa si estende per circa due pagine mettendo in evidenza solo la bontà psicoterapeutica della PNL e trascurando ogni altra sua potenzialità. Basti una citazione, ma potrei farne più di una, presa a pagina 8: “… La Programmazione neurolinguistica offre un modello sistematico e lucido di come fare psicoterapia in maniera pulita ed efficace. I suoi pregi principali ci sembrano essere: l’aver elaborato uno strumento sensorialmente controllabile per seguire le varie strategie che avvengono nel paziente tra input sensoriale e output comportamentale… e l’aver sistematizzato un insieme di interventi terapeutici che ampliano le possibilità d’azione di ogni psicoterapeuta… ”

Se in Italia l’approccio alla PNL fosse solo di tipo psicoterapeutico avrebbe un aspetto abbastanza riduttivo.

Enorme potenziale applicativo

Del resto Bandler e compagni hanno già da qualche tempo intravisto l’enorme potenziale applicativo della PNL che spazia dalla linguistica al mondo scolastico in generale, dalla comunicazione interpersonale a quella pubblicitaria, dal mondo del commercio a quello dell’industria e via dicendo. Insomma, non solo tra le righe, ma nelle righe dei loro libri, è evidente la polivalenza di destinazione dell’idea di PNL. Tant’è vero che a pagina 12 del titolo in recensione leggiamo: “… In origine questi modelli li avevamo elaborati per usarli nel contesto terapeutico, ma ci accorgemmo presto che era possibile estenderli ad altri campi della comunicazione umana, specificamente ai settori dell’industria e del commercio (vendite e trattative), alle attività legali, all’istruzione…”. Posso capire che chi opera nel campo scientifico fa delle idee degli altri l’uso che vuole.

Capisco anche una certa diffidenza verso qualcosa di nuovo, con cui è bene andare cauti, senza lasciarsi travolgere dai soliti raptus di entusiasmo. Quello che mi lascia un po’ perplesso è trovare nello stesso testo un’introduzione così a senso unico, cioè concentrata unicamente sull’utilità terapeutica della PNL, quella di Moiso e Novellino per intenderci, e poi, invece, un testo che prevede un ampio ventaglio di applicazioni pratiche di questa teoria.

L’opera in questione si articola in 6 sezioni più una conclusione. I titoli delle sezioni sono: Introduzione, Le strategie, L’estrazione, L’utilizzazione, La progettazione, L’installazione. Visti così, questi titoli dicono poco, ma, se si va a spulciare fra i sottotitoli, allora le cose cambiano, nel senso che si comprende e si pregusta un po’ quello che si andrà a leggere. È, in un certo senso, come quando, avviandoci verso l’ingresso di un ristorante, ci arriva già un buon profumo di arrosto. E allora vediamone qualcuno di questi sottotitoli.

Già nella prima sezione si parla di “Sistemi rappresentazionali come pietre da costruzione del comportamento”. Ma la più interessante, almeno per me, è la sezione 4 dove si concentrano sottotitoli oltremodo allettanti come “Ancoraggio e rinforzo nell’attività didattica”, “Strategie di polarità e strategie di motivazione negativa nell’apprendimento”, “PNL nelle vendite”, “PNL nella pubblicità”. Tanto per chiudere, c’è nella sezione 6 il sottotitolo “La ristrutturazione” che anticipa un po’ i contenuti di un omonimo testo, uscito tempo fa sempre a cura della “premiata ditta” Bandler & Company.

La sezione 4

È ovvio che non mi metterò a riassumere nella mia breve recensione le 254 pagine di un libro estremamente ricco di spunti scientifici: per fare qualcosa del genere avrei bisogno dello spazio di quattro bollettini tutto per me. Voglio tuttavia soffermarmi sulla sezione 4 che ha come titolo “L’utilizzazione”. Qui viene intanto evidenziata una cosa e cioè che quello che interessa non sono tanto le risorse a disposizione di un individuo o di un gruppo, quanto il loro modo di essere utilizzate. E mi spiego, aggiungendo che la forza delle strategie di utilizzazione delle risorse sta nell’essere descritte come operazioni formali del comportamento e quindi sempre valide, indipendentemente da ogni contenuto empirico, quindi indifferentemente applicabili ad ogni evento pratico. Sempre rimanendo nella sezione 4, c’è, da pag. 147 a pag. 154, un chiaro riferimento ai problemi dell’istruzione, dove viene messa in grande evidenza la positività della PNL al fine di ottenere una interazione ottimale tra docenti, allievi genitori, direttori e via dicendo. Interessante, a proposito, l’esperienza di una professoressa, riportata a mo’ di esempio. In sostanza lei dice che alcuni suoi allievi avevano trovato un proprio originale sistema per risolvere problemi aritmetici basato sul fatto di battere le dita o sulle proprie gambe o sul legno dei banchi. Obbligati ad uscire da queste personali strategie per adottare quelle classiche, i ragazzi avevano serie difficoltà. Questo la dice lunga su quanto sia importante per l’insegnante individuare e assecondare i modelli di comportamento, le strategie individuali di approccio al sapere, alla comunicazione di ogni allievo. Sarebbe, in altre parole, un passo verso l’autonomia.

Processo di apprendimento collettivo

Interessante è il passo ove si dice che “… il processo di apprendimento collettivo potrà essere accelerato dall’organizzazione degli allievi in gruppo di studio di vario orientamento…”, per esempio costituendo “un gruppo di lavoro prevalentemente orientato alla discussione, un altro per la sperimentazione, un altro con attitudine all’osservazione” e così via. Molto più valido però, a mio avviso, è quanto viene accennato poche righe più a monte. Cito testualmente: “In molti contesti sarà difficile regolare le strategie di ciascun individuo, specie nelle situazioni in cui si hanno gruppi molto numerosi e quindi il tempo è limitato. Rivolgendosi ai gruppi è importante che l’esposizione sia svolta in modo da presentare i tre principali sistemi rappresentazionali. Occorre essere certi di poter esporre le proprie idee con ogni sistema rappresentazionale, in modo che la gente sia in grado di udirle, vederle, riceverne un’impressione. La capacità di comunicare in ciascuno di questi diversi sistemi è ciò che abbiamo definito all’inizio con il termine ‘ridondanza’. Essa riduce enormemente le probabilità di comunicazioni sbagliate e al tempo stesso dà la sicurezza che l’esposizione avviene in una forma rappresentazionale tale da consentire, a un certo punto, di ricalcare il comportamento di ogni membro del gruppo “.

Inoltre, non è da trascurare un altro momento in cui si rammenta a chi opera nel campo dell’insegnamento una maggiore attenzione e sensibilità per tutta quella marea di comunicazione non-verbale che gli arriva dagli allievi: movimento degli occhi, altre espressioni del viso, movimento del corpo che si ripetono sistematicamente, alterazione del tono della voce e così via. Sono tutti elementi importanti perché il docente possa conoscere meglio le strategie individuali dell’apprendimento e, da bravo insegnante, trovare per ciascuna una risposta adatta, comportandosi con duttilità e tatto. Sempre nella sezione 4 si spazia dal mondo scolastico a quello del commercio, dall’attività imprenditoriale a quella giuridico-legale, dalla selezione e reclutamento del personale alla psicoterapia.

Conclusione

Vorrei concludere consigliando ai colleghi la lettura di questo prezioso testo, le cui caratteristiche si possono riassumere in una frase scritta in controcopertina retrocopertina che così recita: “Questo libro tratta del modo di scomporre e ricomporre il comportamento per trasformarlo in sequenze efficaci e comunicabili, a disposizione di ogni membro della nostra specie”.

Ciao, a presto.

Il testo

R. Bandler & et altri, 1982 Programmazione neurolinguistica, Astrolabio – Ubaldini Editore
Pagg. 259 – Lit. 26.000