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La lettura e la sicurezza di sé

È più che comprensibile che la prima reazione di una persona appena iniziata allo studio di una lingua straniera trovandosi davanti ad un testo autentico in quella lingua è fuggirne. “Fuggire” in pratica significa fare cose come disturbare la lezione, sognare ad occhi aperti, criticare l’insegnante, criticare se stessi (il che è peggio!) oppure decidere di gettarsi su qualche altro hobby.

Gli insegnanti, da sempre e giustamente, si sono preoccupati di ridurre quanto possibile tali desideri di fuga presso gli studenti. Un modo di far ciò (ed è un modo che ha trovato molte generazioni di insegnanti consenzienti) è semplicemente far sì che lo studente non venga messo davanti a testi autentici. Se la lingua viene presentata “a goccia a goccia” agli studenti, una “struttura” o una “funzione” per volta, essi potrebbero pensare sì che lo studio sia faticoso ma in compenso non avranno mai voglia di farsi prendere dal panico e di fuggire completamente.

Una tale politica, però, presenta alcuni svantaggi. Quello più evidente è che l’insegnante può tenere gli studenti “al riparo” del testo autentico soltanto in classe. Se gli studenti dovessero incontrare testi autentici, per caso o di proposito, nel loro tempo libero avrebbero una brutta sorpresa. Non c’è niente di più scoraggiante che scoprire che, dopo mesi o addirittura anni di studio regolare, non si riesce neanche a capire il senso generale del più breve articolo di giornale.

Il motivo per questa incompetenza è, però, semplice da trovare: capire il senso generale di un testo è un’abilità, e, come qualsiasi altra abilità, si sviluppa con l’esercizio. Come possiamo aspettarci che uno studente che non ha mai visto un testo autentico sia più che un principiante in questa abilità? Questa politica “a goccia a goccia” parte con studenti che, trovandosi davanti ad un testo autentico, si sentono totalmente incompetenti, e produce studenti che, moltissime ore di studio più tardi, trovandosi davanti ad un testo autentico, si sentono totalmente incompetenti. Che progresso è questo? Non ci si può meravigliare dell’abbandono dello studio da parte di tanti studenti. Non ci si può meravigliare del fatto che molti studenti percepiscono l’apprendimento di una lingua come un’impresa estremamente difficile, la quale richiede un impegno considerevole e un alto livello di capacità intellettuale. Ma l’apprendimento di una lingua è veramente così difficile? Non è semplicemente che noi lo facciamo sembrare così? Non rafforziamo inconsciamente eventuali pensieri negativi che gli studenti hanno prima di presentarsi a noi?

Esiste, in realtà, un altro modo di affrontare la “paura del testo”. Ed è semplicemente porre lo studente subito davanti ad un testo autentico; sì, durante la prima lezione. Non c’è da avere paura; in realtà, guardarlo può essere divertente, vedere se ci sono parole e spazi come nella propria lingua, vedere se ci sono le stesse lettere che ci sono nella propria lingua (un numero minore o delle lettere nuove), vedere quale punteggiatura c’è, se ci sono trattini a fin di riga, la frequenza di lettere maiuscole, qualche parola che si pensa di poter riconoscere.

Gli studenti dovrebbero guardarlo dall’alto in basso, rovesciarlo, guardarlo contro luce, toccarlo, parlarne, ecc. Stavo per dire “metterlo in bocca”, perché l’immagine che ho in mente è quella del neonato che, senza paura, va a carponi in giro ad esplorare il mondo, prendendo in mano le cose, schiacciandole, scuotendole, succhiandole, lanciandole per vedere se rimbalzano, ecc. È molto divertente. E così dovrebbe essere per adulti alle prese con una nuova lingua.

I neonati hanno a che fare con il mondo autentico: non vengono rinchiusi in gabbie. E né gli adulti dovrebbero esserci rinchiusi. L’abilità dell’insegnante risiede semplicemente nel poter rassicurare gli adulti (e ammetto che non è facile) che nessuno si aspetta da loro che debbano “produrre” qualcosa né che debbano “eseguire numeri” in conseguenza dell’esplorazione. Pensate quale effetto avrebbe sul neonato se, dopo ogni esplorazione, mamma o babbo l’interrogassero per sapere se ha imparato “correttamente”, per assicurarsi che un “apprendimento” ha avuto luogo e che il tempo non è stato sprecato. Io ipotizzerei che una tale prassi ripetuta spesso produrrebbe un numero minore di sorrisi felici ed un certo grado di ansietà ogni volta che si presentasse l'”esaminatore”.

Cerchiamo di evitare l’ansia superflua anche nei nostri studenti adulti. Permettiamo loro di esplorare semplicemente per l’amore dell’esplorazione, senza pretendere altro.