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Lettura analitica morfosintattica: un esempio

Distribuisco ad ogni studente il testo che segue e che è estratto da una lettura autentica già studiata, perciò lo studente ha una buona conoscenza del contenuto del testo.

 

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Le ciel ou la Terre?

Il s’est adressé à moi en m’appelant “mon ami”: s’il me parlait ainsi ce n’était pas parce que j’étais condamné à mort; à son avis, nous étions tous condamnés à mort. Mais je l’ai interrompu en lui disant que ce n’était pas la même chose et que, d’ailleurs, ce ne pouvait être, en aucun cas, une consolation. “Certes, a-t-il approuvé. Mais vous mourrez plus tard si vous ne mourez pas aujourd’huì. La même question se posera alors. Comment aborderez-vous cette terrible épreuve?”. J’ai répondu que je l’aborderais exactement comme je l’abordais en ce moment (…).
J’avais les yeux fixés au sol. Il a fait un pas vers moi et s’est arrêté, comme s’il n’osait avancer. Il regardait le ciel à travers les barreaux. “Vous vous trompez, mon fils, m’a-t-il dit, on pourrait vous demander plus. On vous le demandera peut-être. – Et quoi donc? – On pourrait vous demander de voir. – Voir quoi?”.
Le prête a regardé tout autour de lui et il a répondu d’une voix que j’ai trouvée soudain très lasse: “Toutes ces pierres suent la douleur, je le sais. Je ne les ai jamais regardées sans angoisse. Mais, du fond du coeur, je sais que les plus misérables d’entre vous ont vu sortir de leur obscurité un visage divin. C’est ce visage qu’on vous demande de voir”.
Je me suis un peu animé. J’ai dit qu’il y avait des mois que je regardais ces murailles. Il n’y avait rien ni personne que je connusse mieux au monde. Peut-être, il y a bien longtemps, y avais-je cherché un visage. Mais ce visage avait la couleur du soleil et la flamme du désir: c’était celui de Marie. Je l’avais cherché en vain. Maintenant, c’était fini. Et dans tous les cas, je n’avais rien vu surgir de cette sueur de pierre.
L’aumônier m’a regardé avec une sorte de tristesse. J’étais maintenant complétement adossé à la muraille et le jour me coulait sur le front. Il a dit quelques mots que je n’ai pas entendeus et m’a demandé trés vite si je lui permettais de m’embrasser: “Non”, ai-je répondu. Il s’est retourné et a marché vers le mur sur lequel il a passé sa main lentement: “Aimez-vous donc cette terre à ce point?”. A-t-il murmuré. Je n’ai rien répondu.

L’Etranger, Il, 5 {Librairie Gallimard, éditeur)
Albert Camus

Impostazione dell’attività

Quando gli studenti vedono il testo cominciano a reagire, ma io li rassicuro dicendo che già l’hanno letto e che oggi il compito non è più di capire il contenuto del testo ma di individuare, sottolineandole, tutte le forme verbali composte. Scrivo alla lavagna: “les formes verbales composées” (le forme verbali composte).

Per fare questa ricerca ognuno lavora con un compagno. Do il via. Dopo 3 minuti quando vedo che hanno rintracciato 4 o 5 forme, interrompo tutti per chiedere quali sono le forme che hanno trovato. Ogni coppia enuncia una forma. In effetti voglio solo controllare il buon andamento del loro lavoro.

Dico alla classe di continuare. Dopo 2 minuti capisco che una coppia ha dei problemi con qualche forma, mi avvicino e mi chiedono se alla linea 3 “pouvait être” è una forma verbale composta. Gli faccio capire, e solo a questo gruppo, che m’interessano solo le forme con gli ausiliari “avoir” (avere) o “être” (essere). Evito comunque di aprire il dibattito a tutta la classe per il momento. Voglio che facciano un lavoro ben specifico. Chiarito ciò mi allontano e lascio proseguire la loro ricerca. Quando un gruppo ha finito di sottolineare le forme verbali fermo il lavoro di tutti.

Le loro conclusioni

Distribuisco il foglio lavoro A (vedi fine articolo).

Spiego che dovranno riempire con molta precisione tutte le colonne e che appena avranno un’idea su come funziona l’accordo dei participi passati coniugati con “avoir”, dovranno scrivere sul loro quaderno una regola.

Ripeto loro che si dovranno basare sugli esempi che troveranno nel testo e che dovranno continuare a riempire le colonne verificando ogni volta l’esattezza della loro regola. Se si presenterà qualche modificazione alla loro regola, dovuta ad un esempio particolare, dovranno allora enunciarla di nuovo in modo che sia sempre la più esatta e completa possibile, e sempre in accordo col testo.

Intanto scrivo in alto sulla lavagna l’inizio della regola: “Le participe passé conjugué avec l’auxiliaire avoir s’accorde avec… ” (il participio passato coniugato con l’ausiliare avere si accorda con…).

Lascio passare 10 minuti e li fermo. Chiedo ad ogni gruppo di darmi la conclusione e le scrivo una sotto l’altra alla lavagna:
1 – avec le complément (con il complemento)
2 – avec le complément d’objet quand il le précède (con il complemento oggetto quando esso lo precede)
3 – avec le pronom qui précède (con il pronome che precede)
4 – avec le complément précédent (con il complemento precedente)
5 – avec le complément d’objet s’il les précède (con il complemento oggetto se esso lo precede)
6 – avec le pronom complément (con il pronome complemento).

Chiedo se ci sono delle conclusioni uguali.

Mi dicono che la 2° e la 5° sono simili, cancello la 5° e così rimangono 4 conclusioni da verificare.

Ma quelli del gruppo 1 modificano la propria spontaneamente aggiungendo “quando il complemento lo procede”. Posso dunque cancellare la conclusioni 1. Ci troviamo dunque davanti a 3 conclusioni differenti. Chiedo se possono fra di loro esaminare la funzione dell’elemento che ci interessa. Alcun chiaramente mi dicono subito “complemento oggetto”. Chiedo proprio a uno di questi di spiegare al gruppo 3 con degli esempi quello che sta affermando. Dico solo al gruppo 3 perché fra coloro che prima hanno detto “complemento oggetto” c’erano anche quelli del gruppo (4 e 1) che appena si sono concentrati sulla funzione hanno subito capito che si trattava di complemento oggetto. Quelli del gruppo 3 hanno chiarito grazie alla partecipazione sopra tutto del gruppo 2, poiché erano anche i più vicini fisicamente.

Mi rimane solo una versione della loro regola con la quale sono tutti d’accordo. Cancello dunque le altre: rimane la conclusione 2.

Ma loro parlano di complemento oggetto, non sono soddisfatta. Chiedo di precisare meglio. Loro non capiscono: dico “Complemento oggetto, sì, ma come? Diretto o indiretto?” e scrivo alla lavagna “C.O.D.? ou C.O.I.?”.

Cercano nel testo ma vedo che non hanno rintracciato gli esempi significativi. Allora io indico loro la linea 11. Dopo un attimo di consultazione fra loro mi dicono diretto e io cancello “C.O.I.”.

Faccio verificare dicendo di vedere anche la linea 12.

Io modifico alla lavagna la loro versione della regola dell’accordo del participio passato coniugato con l’ausiliare “avoir”, aggiungendo C.O.D.

Adesso distribuisco il foglio lavoro B (vedi fine articolo).

Spiego che devono lavorare come prima ma con la differenza che si devono interessare ai participi passati coniugati con “être”. Qui vedo che la partecipazione è molto più grande e tutti gli studenti hanno capito molto bene il compito. Lo svolgono con interesse, applicazione, molta precisione e rapidità.

Dopo 5 minuti vedo che hanno finito: cioè hanno trovato la regola esatta e l’hanno verificata per ogni participio coniugato con l’ausiliare “être”, come avevo chiesto.

Chiedo che ogni gruppo di nuovo mi dica la sua versione della regola. Qui non c’è stato nessun problema.

Io scrivo alla lavagna, sotto la precedente regola, la regola dell’accordo dei participi passati coniugati con l’ausiliare “être”.

Dibattito

Siccome le mie classi di francese sono composte per la maggior parte di persone che hanno lo stesso interesse, le stesse esperienze linguistiche, spesso alla fine di una lezione di questo tipo nasce un dibattito comparativo.

Gli studenti mi dicono: “È come in italiano”. In effetti è questa la frase che aspettavo ed è finalmente arrivata. “Bene! – dico, – allora ricominciamo daccapo e vediamo se c’è o no una diversità!”.

Tutti un po’ preoccupati che io non stia scherzando, un po’ ridendo si rifiutano, a parole perché già vedo che alcuni cercano sul testo e leggono gli esempi; tutti partecipano dando il loro contributo. Sentono che voglio qualcos’altro da loro. Questo in realtà è un momento abbastanza breve ma molto intenso: fanno la sintesi di tutto il loro lavoro di 30 minuti e con molta chiarezza ormai.

Allora scrivo alla lavagna “la linea 11 e 12”, e “la linea 21”.

Dico di leggere e di analizzare gli esempi suggeriti.

Per un attimo c’è gran silenzio e poi riferendosi alla regola sulla lavagna relativa all’ausiliare “avoir”, uno studente dice che “si tratta di un pronome relativo” e che in italiano la regola dei participi passati coniugati con “avere” è diversa: questa non considera i pronomi relativi come lo fa il francese.

Dopo un po’ di riflessione il dibattito è concluso; una studentessa mi dice: “Per me fin dall’inizio questa regola l’avevo associata a quella italiana, solo adesso dopo il dibattito sono riuscita a capire la differenza”.

Nota: Tutta l’attività si svolge in lingua francese, in questo testo le frasi fra parentesi sono delle traduzioni, per il lettore dell’articolo.

A

(linea) (participio passato coniugato con “avoir”) (accordati? sì o no) (se sì con…) (che si riferisce a…)

ligne

participe passé conjugué avec “avoir” accordé? oui ou non si oui avec… qui se rapporte à..

 

B

(linea)

(participio passato coniugato con “être”)

(accordato? sì o no)

(se sì con…)

(che si riferisce a…)

ligne

participe passé conjugué avec “être”

accordé? oui ou non

si oui avec…

qui se rapporte à…