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In pratica, che significa una didattica per l’inclusione?

Per non complicare il discorso, proviamo a rappresentare la competenza in modo quantitativo. In teoria c’è chi sa tutto dell’area del sapere in questione (es. per quanto riguarda la teoria della relatività, Einstein) e c’è chi non ne sa niente (es. un neonato). A Einstein attribuiamo 1000 e al neonato 0. Cosi:

Einstein     1000

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neonato        0

Molti insegnanti accetterebbero di situare la propria classe ad un punto lungo questo continuum. Per esempio a 10, o a 15, ecc.. Ma è proprio qui che inizia I’autoinganno. II voler vedere la classe al singolare. “Loro” sanno x, “loro” non sanno x, “loro” non hanno ancora fatto x, “loro” non sanno fare x, ecc.. Questo “loro” superficialmente sembra plurale ma in realtà per molti insegnanti è un tutt’uno.

In realtà in qualsiasi classe di qualsiasi materia in qualsiasi parte del mondo non esistono 2 allievi con esattamente lo stesso livello di competenza riguardo all’area del sapere in questione. Quindi ogni studente della classe si trova ad un punto diverso dagli altri.

Finché la distanza fra il primo della classe e l’ultimo della classe rimane contenuta si può sperare che il mito del “loro” massificato non venga messo in crisi. E, nel caso in cui la distanza non rimanesse contenuta, la crisi può essere evitata lo stesso, tramite I’uso di un efficacissimo trucco. Si tratta semplicemente di etichettare quelli in basso come “diversi”. Le etichette non sono più quelle che si usavano 100 anni fa come “anormali”, “ritardati”, “difettosi”, “educationally sub-normal”, “instabili”, “irrequieti” oppure ancora prima come “idioti”, “imbecilli”, “deficienti”, “frenastenici”, “pazzi”, come si vede dal famoso dibattito su Victor, “il ragazzo selvaggio”:

Il caso famoso di Victor

“Itard non mette in discussione la tesi di Pinel, secondo cui un idiota non poteva essere educato. Itard negava che Victor fosse affetto di idiotismo. A suo avviso, Victor ‘Non era tanto un adolescente colpito da imbecillità, quanto un bambino di dieci o dodici mesi’, la cui particolare condizione dipendeva dall’avere ‘abitudini antisociali, una testarda disattenzione, organi poco sviluppati e una sensibilità accidentalmente ottusa’, a causa delle particolari condizioni nelle quali si era trovato a vivere.

Itard e convinto che Victor non sia un malato mentale o un idiota, bensì un soggetto costituzionalmente sano, ma affetto da un grave ritardo sia sul piano cognitivo sia su quello affettivo, in virtù delle condizioni di isolamento e di abbandono nelle quali si è trovato a dover crescere.”

«L’idiozia non è una malattia; è uno stato nel quale le facoltà dell’intelletto non si sono mai manifestate non si sono potute sviluppare sufficientemente in modo che l’idiota abbia potuto acquisire conoscenze inerenti all’educazione che gli individui della sua età, posti nelle medesime condizioni, ricevono»

(E. Seguin, Traitement moral. Hygiene et Education des idiots et des autres enfants arrièrés, Paris, Baillière, 1846).

Oggi siamo più educati: gli allievi troppo al di sotto della norma vengono etichettati come “analfabeti”, “dislessici”, “poco scolarizzati” o “immigrati”.

Una didattica per I’inclusione, invece, riconosce la differenza di competenza fra tutti gli allievi come un dato di fatto normale. E agisce di conseguenza. Ecco di nuovo il continuum Einstein/neonato:

Einstein     1000

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neonato        0

All’inizio della lezione ogni allievo in classe occupa un proprio punto sul continuum, punto di cui deve andare fiero. Ne deve andare fiero perché qualsiasi valore che sia diverso da 0 è merito suo; merito suo in quanto è il risultato di un suo progresso. La didattica deve assumere come obiettivo che alla fine della lezione lui occupi un punto più alto. Tutto lì.

Un esempio

La lettura analitica morfosintattica sull’uso di “-ing” in inglese

II primo compito è “Sottolineate tutte le parole nel testo che terminano in” -ing”.(“-ing” viene scritto alla lavagna).

Occupiamoci dell’ultimo della classe. Si dichiara analfabeta. Proviamo a dargli il testo al contrario (con il titolo in basso). Se non lo mette dritto vuol dire che per lui effettivamente fra un testo scritto e un disegno astratto c’è poco da scegliere e quindi sul continuum non si trova molto distante da O. Se invece non ha difficoltà nel riconoscere il verso giusto del testo ma, tuttavia, non lo considera come una serie di righe contenenti lettere, spazi e segni di punteggiatura è più avanti rispetto al primo caso, anche se di poco. Nel primo caso come nel secondo un comportamento appropriato da parte dell’insegnante è di accovacciarsi accanto allo studente e sottolineare il primo esempio della sequenza di “ing” alla fine di una parola, invitando poi lo studente a trovarne un’altra e allontanarsi. A chi obietta che questo allontanamento possa suscitare nello studente un senso di abbandono, rispondo che in realtà I’insegnante lo sta trattando come tratta gli altri, cioè come un ricercatore in cui ha fiducia; I’unica differenza è la quantità di esempi che deve trovare: lui uno solo, gli altri possibilmente tutti. Poi, una volta trovatone uno sarà lui stesso a volerne cercare un altro.

Questa prima fase viene terminata normalmente quando il primo studente ha finito. Si passa al controllo in coppie. II nostro ultimo della classe avrà ora accanto a sé un altro studente che sicuramente sa più di lui e che indicherà che cos’altro deve sottolineare. Siccome I’insegnante interromperà questa fase quando una coppia avrà finito non ci sarà il tempo per sottolineare tutti gli esempi di “-ing”, ma un buon numero sì. Poi, devono escludere la parole in cui “-ing” non è un morfema. È probabile che sia un concetto al di sopra della sua comprensione attuale (ma può servire come una specie di anteprima per un’altra lezione in cui lo stesso concetto verrà nominato); in questo caso potrà accettare come buone le cancellazioni del compagno.

Poi viene distribuita la prima griglia in cui devono copiare le parole che hanno sottolineato contenenti la desinenza -ing. Mentre gli altri si mettono al lavoro, I’insegnante farebbe bene ad accovacciarsi e scriverne 2 o 3 esempi davanti al lui, e poi dirgli di provare a fare il prossimo esempio da solo e allontanarsi di nuovo.

Al momento del nuovo controllo a coppie forse lo studente ne avrà scritti un paio da solo e magari il compagno gliene “regala” altri due.

E cosi via. Qual è il risultato? Sicuramente non avrà più difficoltà a distinguere un testo scritto da un disegno astratto. Saprà immediatamente girarlo nel senso giusto e, se il font non è molto diverso da quello del testo di oggi, saprà trovare qualche esempio della sequenza -ing. Vi pare poco? A me no. In più durante la lezione avrà cambiato compagno più volte e qualcuno di essi forse avrà stabilito un rapporto di aiuto e, chi sa, forse anche un inizio di amicizia.