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Riflessioni sull’Esercitazione orale

L’Esercitazione orale fa abitualmente parte delle attività che formano il programma di un corso. Questa attività permette allo studente di usare ed estendere quello che ha già imparato; la ripetizione di determinate strutture lo aiuta a memorizzarle.

Tutto sommato imparare una lingua è come imparare a suonare uno strumento o a praticare uno sport: prima di poter improvvisare o suonare pezzi interi o giocare vere partite sono necessarie molte ore, spesso purtroppo anche noiose, di esercitazione.

Lo studente di lingua italiana del resto incontra talvolta alcune strutture che risultano per lui difficili da “automatizzare”. Per esempio: come “far entrare in testa” allo studente che si deve dire “se fossi… sarei, se potessi… andrei…”? Qui non è questione di spiegare, di capire, è soltanto un problema diciamo “meccanico”. Se l’insegnante invita lo studente a ripetere molte volte queste forme tramite un apposito esercizio le prime volte lo studente dovrà consultare una tavola delle coniugazioni dei verbi per non sbagliare, ma poi, a forza di ripetere, le forme gli entreranno nell’orecchio e avrà imparato.

L’esercitazione inoltre, è un mezzo che consente all’insegnante di controllare e verificare se lo studente ha capito determinate regole e ha perciò imparato ad applicarle correttamente.

O no?

Mi sono resa conto che ultimamente lo spazio riservato nei miei corsi a questa attività va sempre più assottigliandosi; in realtà questa attività non mi convince, non mi piace e ho per questo deciso di cercare di razionalizzare il mio disagio analizzandola.

Comincio dunque con il chiedermi quale sia lo scopo dell’Esercitazione orale.

Generalmente la svolgo partendo da brani di lingua autentica ricostruiti in una precedente lezione, quindi il “contesto”, nel senso più ampio di questo termine, è chiaro. Non si tratta di frasi isolate, ma di reali pezzi di lingua.

L’esercitazione allora dovrebbe servire a richiamare l’attenzione degli studenti su alcuni elementi per dare loro la possibilità di:

  1. scoprire o riscoprire delle regole attraverso i cambiamenti che la variazione di alcuni elementi provoca nel brano;
  2. ricordare meglio determinate regole attraverso la ripetizione.

Vorrei ora prendere in esame alcune esercitazioni per analizzarne l’effetto sugli studenti. Primo esempio (da Comunicare meglio, lezione 4, attività 8):

A: I non È che io scriva bene il teDESco I coSÌ lo scrivo approssimativaMENte I
B: I AH I non lo SCRlve BEne? I
A: I NO I non lo SCRlvo BEne I

Lavora con un compagno. Uno di voi sarà A e l’altro B. A lancerà una moneta per stabilire se il rapporto sarà formale o confidenziale (testa = lei, croce = tu). B lancerà il dado per determinare uno dei verbi della lista sottostante: tale verbo sostituirà scrivere nella conversazione riportata sopra. Recitate la conversazione così modificata. Prima di iniziare coprite il testo.

1) parlare
2) tradurre
3) capire
4) conoscere
5) leggere
6) scrivere

Ripetete il punto 1 scambiandovi i ruoli.

Proseguite in tal modo per 15 minuti.

Il compito degli studenti qui è quello di cambiare in modo sistematico alcune forme verbali fornite usandole al congiuntivo presente (io), e al presente indicativo (tu o lei).

Lo studente non ha nessuna possibilità di scegliere niente, non ha nessun controllo sul senso di ciò che dice, le sue parole non comunicano niente al compagno con cui svolge l’attività. Nello sforzo di produrre l’esatta forma del congiuntivo infatti, gli studenti dimenticano completamente il significato della frase e si verifica spesso che, senza il minimo senso del ridicolo della situazione, studenti tedeschi ripetano per 15 minuti: “non è che io scriva, parli, legga bene il tedesco…”! Insomma in questo momento, come del resto si afferma anche nell’introduzione del libro, allo studente è richiesto il massimo sforzo per evitare sbagli formali.

Che cosa succede in realtà

Ci sono studenti “A”, pochi, che già conoscono le forme del congiuntivo presente. Per loro si tratta dunque semplicemente di ripetere per 15 minuti, eventualmente correggendo il compagno con cui lavorano.

Ci sono studenti “B” che hanno qualche idea, qualche ipotesi su quale possa essere il congiuntivo presente, ma non si sentono sicuri. Se capitano vicini ad uno studente “A” controllano la loro ipotesi e procedono nell’esercizio, ma spesso la loro ipotesi non concorda con quella dell’altro, così si trovano in crisi entrambe.

Ci sono infine studenti “C”, molti, che non hanno nessuna idea di quale sia il congiuntivo presente o comunque pensano di non averne. Questi studenti, di fronte a questa esercitazione, o consultano una grammatica o chiedono all’insegnante. Infatti, proprio perché questa attività pone l’enfasi sulla correttezza, gli studenti esigono una soluzione sicura e non si accontentano delle loro ipotesi, e, del resto, sarebbe forse utile ripetere tranquillamente per 15 minuti forme del congiuntivo sbagliate?

Il risultato di questa esercitazione può dunque essere, se vogliamo essere “ottimisti”, che alcuni studenti hanno utilmente ripetuto (e ripetere fissa no?), altri hanno chiarito le loro conoscenze e altri ancora hanno “imparato” il congiuntivo presente.

Ma qui nascono i dubbi…

Non sono sicura dell’utilità della ripetizione: ho notato più volte come uno studente possa ripetere esattamente una struttura durante un’esercitazione e tranquillamente sbagliarla o evitarla in una conversazione reale. Sembra che non ci sia un legame tra queste due attività; probabilmente perché lo studente, posto in una situazione di reale comunicazione ha tante varianti da tenere in conto e se, per esempio, il congiuntivo presente non è subito a portata di mano nel suo “bagaglio mentale” non ha il tempo di cercarlo e probabilmente non lo considera neanche così importante come il riuscire a mantenere la conversazione con una certa scorrevolezza.

Vorrei anche aggiungere che, se attribuissi tanta importanza alla ripetizione in se stessa come mezzo per memorizzare, considererei una esercitazione di questo genere un mezzo molto povero e limitato per praticarla.

Consideriamo ora gli studenti che hanno “chiarito” le loro conoscenze e quelli che dovrebbero aver “imparato” il congiuntivo presente.

Che significa imparare?

Il semplice fatto di presentare una certa forma linguistica ad uno studente in classe non la qualifica con lo status di input per il fatto che input è ciò che entra e non ciò che è disponibile ad entrare ed è ragionevole supporre che è lo studente che controlla questo “input”. Questo può essere determinato dalle caratteristiche del suo meccanismo di acquisizione della lingua e non da quelle del “programma”. Dopotutto nell’apprendimento della lingua madre i dati disponibili come “input” sono innumerevoli, ma è il bambino che seleziona quello che veramente sarà per lui un “input”. (Corder).

Il fatto che alcuni studenti abbiamo incontrato nell’Esercitazione orale alcune forme del congiuntivo presente non dà nessuna garanzia che le abbiano veramente acquisite.

Ho notato poi spesso che gli studenti, dopo questo tipo di esercizi, dicono fra di loro: “È difficile!”, “Non capisco!”, “Devo studiare la grammatica!”…

Mi sembra, di conseguenza, che un’attività così impostata sia in contraddizione con l’obiettivo, che io ritengo prioritario, di sviluppare nello studente una certa sicurezza e un’indipendenza psicologica dall’insegnante.

Vorrei ora considerare un altro esempio di Esercitazione orale (Comunicare meglio, lezione 8, attività 4):

Vedi la battuta di Franco nella conversazione dell’attività 1. Franco parla di se stesso (numero 1 nella lista sottostante). Se parlasse di altre persone, la battuta subirebbe notevoli variazioni.

FRANCO: I perché Io [I se ricordo BEne I] sono stato [I mi PAre I] una VOLta LÀ I e non mi aVEva molto soddisFATto I troVAvo un sacco di COse I ma [I voglio Dlre l] almeno per i miei inteRESsi non c’Era MOLto I
LUCIA: I Sì I ma inFATti il settore diciamo più forNlto è quello in cui lavoro lo l che è il setTOre dell’insegnamento delle LlNgue I diciamo che la libreRla si basa soprattutto su QUELlo I

Franco parla

1) di se stesso
2) di suo fratello
3) dei suoi figli
4) di sé e sua moglie
5) delle sue sorelle
6) di sua cognata.

Lavora con un compagno. Lo studente A butta il dado. Il numero risultante determinerà di quale/i persona/e della lista Franco sta parlando. A assume il ruolo di Franco ed enuncia la battuta adeguatamente variata. Sarà poi B a buttare il dado e ad assumere il ruolo di Franco. Proseguite per 20 minuti.

Il cambiamento del soggetto costringe qui lo studente a trasformare molti elementi della frase; il lavoro di manipolazione linguistica è molto ricco e complesso e lo spinge a riflettere su ogni parola, non può svolgere l’esercizio meccanicamente.

Lo studente si trova quindi ad affrontare dei problemi, a ipotizzare delle soluzioni: per questa ragione mi sembra che questa esercitazione sia più utile e stimolante dell’esempio precedente. Manca però, a mio avviso, la dimensione della simulazione di un dialogo, di una comunicazione. Si tratta cioè, in definitiva di lavorare su di una frase. Permane inoltre il fatto che lo studente vuole verificare le sue ipotesi e deve spesso interpellare l’insegnante; mi domando quindi se gli interessanti problemi linguistici posti da questa esercitazione non potrebbero essere meglio affrontati tramite una Ricostruzione di conversazione o un Lingua puzzle…

L’ultimo esempio che vorrei portare è (Comunicare meglio, lezione 22, attività 11):

potere nascere l’amore improvviso

A: I io non credo afFATto che possa nascere l’amore improvVIso I
B: I neanch’lo I

  1. Lavora con un compagno. Studiate le frasi sottostanti numerate da 1 a 13. Per eventuali problemi di comprensione consultate il dizionario o I’insegnante.
  2. Uno di voi sarà A e l’altro B. Userete possibilmente un mazzo di carte da gioco. A estrarrà dal mazzo una carta a caso per determinare quale, tra le espressioni sottostanti, dovrà usare modificandola opportunamente (sceglierà quella che preferisce qualora gli capitasse il jolly). Ciò che è scritto in neretto deve essere espresso nella forma appropriata. A inizierà con l io non credo afFATto che… I o l io CREdo che… I a seconda di ciò che lui pensa realmente. Se B concorda con l’opinione espressa da A, dirà I neanch’lo I o I anch’Io I a seconda del caso, mentre, se è in disaccordo, dirà I lo invece SÌ l o l lo invece NO I a seconda del caso. A deve formulare mentalmente l’intera frase prima di pronunciarla in modo da essere in grado di rispettarne la fonologia. B non deve leggere l’espressione nel testo mentre A formula oralmente la frase.
  3. Ripetete il punto 2 scambiandovi i ruoli.
  4. Proseguite in tal modo per 30 minuti.

1) il sentimento dell’amicizia potere sopravvivere in persone legate anche da interessi finanziari
2) l’adolescenza essere il periodo più brutto nella vita di una persona
3) ognuno volere migliorare le proprie condizioni di vita
4) un quadro di Van Gogh valere come un quadro di Picasso
5) i figli, a qualsiasi età, dovere ubbidire ai propri genitori
6) le scuole moderne formare i giovani più di quanto non facessero le scuole del passato
7) una madre dovere sempre pensare prima ai figli e poi a se stessa
8) esistere la violenza gratuita
9) per le persone di una certa età i sentimenti contare meno di molte altre cose
10) il denaro rappresentare lo scopo ultimo del 90% delle azioni della gente
11) tutti provare un senso di orrore di fronte all’eventualità di una guerra
12) ogni donna sentire l’esigenza di sposarsi
13) la psicanalisi produrre comunque dei benefici

Questo esercizio chiama in causa il vero “io” dello studente che qui non recita un ruolo, ma esprime la sua opinione, di conseguenza non può svolgere l’esercizio meccanicamente. Ciò che viene esercitato qui non è semplicemente una struttura morfosintattica (la parte sul congiuntivo presente è infatti secondo me del tutto secondaria e per certi versi anche inutile), ma una funzione comunicativa estremamente importante quale quella di esprimere accordo o disaccordo.

Questa esercitazione “mi piace” e vorrei ora concludere ponendo delle condizioni che definiscano il tipo di esercitazioni che io proporrei volentieri ai miei studenti.

Un‘Esercitazione orale dovrebbe:

– partire dai reali bisogni comunicativi degli studenti;
– mantenere, nel suo svolgimento, una situazione di comunicazione, di dialogo, dove lo studente possa rispondere al compagno in modo “corretto” solo se ha capito quello che lui ha detto;
– permettere allo studente di lavorare con un compagno senza sentire la necessità di un controllo della correttezza da parte dell’insegnante.

Ciò detto rimango comunque con il dubbio se i bisogni che un’Esercitazione orale può soddisfare non siano, tutto sommato, meglio affrontati con un’altra attività: una Ricostruzione di conversazione, un Puzzle linguistico, una Produzione libera orale

Bibliografia

Corder, S.P. 1967 “The Significance of Learners’ Errors” in Richards, J.C. 1967.
Dakin, J. 1973 The Language Laboratory and Language Learning, Longman.
Humphris, C., Luzi Catizone, R., Urbani, S. 1985 Comunicare meglio, Roma, Bonacci.
Richards, J.C. 1967 Error Analysis; Perspectives on Second Language Acquisition, Longman.