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L’Approccio Centrato sullo studente e il Metodo “Gordon“

Sviluppare competenze interpersonali e di comunicazione efficace nel “facilitatore dell’apprendimento“

 L’orientamento rogersiano si colloca tra il pragmatismo americano e la tradizione fenomenologico-esistenziale di origine europea. L’ACP di C. R. Rogers (Approccio Centrato sulla Persona) è un approccio per individui e gruppi che sperimentano situazioni di conflitto.e fa capo al pensiero di J.Dewey, filosofo, pedagogista pragmatista e psicologo funzionalista. Le idee di J. Dewey costituirono un’ampia parte della formazione di Carl Rogers attraverso il suo maestro al Teachers College; W. H. Kilpatrick, per mezzo del quale Rogers ha potuto cogliere i fondamenti del pensiero di J. Dewey che scrisse: ”L’educatore autentico (…) deve avere questa simpatetica comprensione della persona che gli fa percepire, nel momento stesso, ciò che passa nella mente dell’alunno” (1). Le parole di Dewey anticipano a grandi linee ciò che più tardi Rogers definirà come figura del “facilitatore”; colui che attraverso l’atteggiamento di comprensione empatica, oltre che di accettazione incondizionata e congruenza, sostiene il processo di sviluppo e di crescita della persona. Rogers fornì un prezioso contributo alla nascita e allo sviluppo del movimento umanistico, in cui la persona umana è considerata nella sua interezza e superando preconcetti e condizionamenti di tipo meccanicistico-riduzionistico, viene proposto un modello centrato sull’uomo, che tende ad una migliore comprensione della natura umana e all’identificazione di quelle condizioni che consentano di promuovere lo sviluppo e la salute fisica e mentale degli individui. Il movimento umanistico valorizza la dignità della persona, lo sviluppo del potenziale in essa latente, la creatività e l’autorealizzazione quali aspetti caratteristici del genere umano. Grazie a Rogers ed al suo approccio le innovazioni in campo umanistico si estesero ad ambiti diversi: della psicoterapia, dell’educazione e dell’istruzione, del management, della comunicazione interculturale, della filosofia e della scienza, dei gruppi d’incontro. Una menzione particolare merita la questione dei conflitti inter-razziali e interculturali. Rogers, candidato al Nobel per la pace, fondò l’Institute for Peace, per lo studio e la risoluzione dei conflitti e identificò modalità pacifiche per risolvere i conflitti fra grandi gruppi in contrapposizione.

Insieme a numerosi collaboratori egli ha facilitato grandi gruppi d’incontro fra cattolici e protestanti a Belfast, fra rappresentanti dell’Europa dell’Est e dell’Ovest, fra neri e bianchi in Sud Africa, fra capi di stato e diplomatici dell’America Centrale ed esponenti del governo degli Stati Uniti. Rogers, inoltre, propose una interpretazione Centrata-sulla-Persona dell’accordo di Camp David (fra Israeliani e Palestinesi) ed avanzò una proposta per evitare la catastrofe nucleare (Rogers e Ryback, 1984). L’Ipotesi fondamentale e rivoluzionaria dell’approccio centrato sulla persona di Carl Rogers è che la presenza nel rapporto interpersonale di tre specifiche condizioni (empatia, congruenza e considerazione positiva incondizionata) faciliti negli individui e nei gruppi un processo costruttivo di cambiamento autodiretto. Per decenni tale ipotesi è stata verificata attraverso una serie di ricerche; Porter nel 1943, Godfrey T. Barret-Lennard (1962), Jonh Butler e Gerard Haigh (1954), Desmond Cartwright (1957), Eugene Gendlin (1961), Nathaniel Raskin (1952), Julius Seeman (1959), Jonh Shlien (1964), Stanley Standal (1954). Carl Rogers ha una visione dell’individuo indubbiamente personale, originale ed ottimistica: la persona è un organismo che tende all’auto estrinsecazione (motivazione interna) e rapporti interpersonali e sociali basati sul profondo rispetto per l’altro (motivazione esterna) possono facilitare questo processo di attualizzazione. Creare le condizioni per lo sviluppo ottimale di questa tendenza, insita in ogni individuo, consentirà alla persona di reagire e contrastare i condizionamenti genetici, biologici, psicologici e sociologici per tendere verso la propria autorealizzazione. La spinta verso l’autorealizzazione definita da Rogers “tendenza attualizzante” sarebbe parte di una tendenza formativa più generale, presente in tutti gli organismi viventi, che tenderebbe verso maggiore ordine, complessità, interdipendenza; si tratta di un processo costruttivo che si dirige verso la realizzazione del pieno potenziale di ognuno ( Rogers 1980).

Ma il presupposto di base è la fiducia che singoli individui e gruppi siano capaci di prefiggersi obiettivi e tendere verso di essi.

Rogers nutriva grande fiducia nella fondamentale positività della natura umana e nelle sue capacità autodirezionali; la fiducia è un fattore di particolare rilievo se calato nel contesto educativo-formativo dove studenti di età, sesso e nazionalità diversi vengono spesso considerati incapaci di autonomia e autodirezionalità. Gran parte della vita professionale di Rogers fu spesa nell’ insegnamento: egli fu docente di scuola media superiore, professore di psicologia all’Università di Chicago e poi direttore del Centro Consulenza Psicologica della stessa Università. Ebbe, inoltre, una cattedra in psicologia e psichiatria all’Universìtà del Wisconsin. Partendo dalla sua esperienza personale di insegnante Rogers, attraverso “l’approccio centrato sullo studente“, propone la realizzazione di un apprendimento che, non essendo unicamente focalizzato sugli aspetti cognitivi, stimoli il coinvolgimento degli studenti nella loro globalità e interezza di persone che apprendono; un apprendimento sul piano cognitivo, affettivo ed esperienziale, privo di scissioni, in cui gli atteggiamenti di empatia, congruenza, accettazione incondizionata dell’insegnante se percepiti dallo studente possono favorire la realizzazione di un clima produttivo e facilitante, elevando al tempo stesso il livello di qualità della relazione e ottimizzando e massimizzando i tempi d’insegnamento-apprendimento.

Nella sua esperienza di insegnante l’Autore ha potuto verificare quanto la congruenza dell’insegnante inteso come persona genuina e reale, il rispetto per gli studenti, la capacità di empatia, fossero elementi preziosi per facilitare il processo di sviluppo e maturazione degli allievi .Ma introdurre il cambiamento per Rogers non fu affatto facile, né lo fu per i suoi studenti che si ritrovarono a confrontarsi con atteggiamenti e comportamenti che facilitavano l’autodirezionalità e l’assunzione di responsabilità, essendo abituati ad essere guidati. Rogers si rese conto però di quanto l’accordare fiducia agli studenti influisse positivamente e producesse dei cambiamenti tangibili nella comunicazione fra loro, nello studio dei contenuti del corso e nel loro evolvere e svilupparsi come persone. L’Autore considera la relazione educativa ideale permeata da rispetto, empatia e congruenza dell’insegnante; una relazione che oltre a promuovere l’autoconsapevolezza nello studente e sviluppa la sua capacità di cogliere dall’interno il suo processo formativo (autovalutazione), sviluppa l’impegno personale e la capacità di iniziativa e l’identificazione di soluzioni democratiche e collaborative dei problemi. La ricerca ha evidenziato come nel processo di insegnamento-apprendimento la presenza delle tre condizioni (empatia, accettazione positiva incondizionata, congruenza) sia strettamente e positivamente correlata; con il progresso nella lettura di bambini di terza elementare ( Aspy, 1965), con la media dei voti (Pierce, 1966), con lo sviluppo cognitivo (Aspy, 196; Aspy, 1969, Aspy e Hadlock, 1967), con l’incremento dell’interesse e della produttività (Moon, 1966), con i livelli di pensiero cognitivo e numero di discussioni avviate dagli studenti (Aspy e Roebuck, 1970), con la maggiore fiducia e apprezzamento che si producono nella classe e l’uso più produttivo delle capacità personali degli studenti, con lo sviluppo di una maggiore fiducia in sé (Schmuck, 1966). In sostanza rendere gli studenti artefici di un processo educativo autodiretto è possibile soltanto se la “persona-insegnante” possiede alcuni requisiti essenziali: fiducia negli organismi umani, sincerità, lealtà, rispetto dei sentimenti e dei valori dell’ altro, capacità di comprensione empatica. Se la persona-insegnante ha fiducia che ciascun individuo abbia la capacità di sviluppare le sue potenzialità, potrà lasciare che esso scelga la modalità di apprendimento a lui più confacente. La visione che Rogers ha dell’individuo e del rapporto interpersonale e sociale, viene applicata dall’Autore con estrema creatività alla psicopedagogia e costituisce il fondamento della pedagogia rogersiana caratterizzata da alcuni punti essenziali (“Libertà nell’apprendimen­to”, Giunti 1973):

  • Gli esseri umani sono dotati di una naturale tendenza a conoscere, a capire e ad apprendere (motivazione cognitiva).
  • L’apprendimento è veramente significativo quando il “contenuto” è vissuto dallo studente come rilevante per la soddisfazione dei suoi bisogni e la realizzazione delle sue finalità personali.
  • L’apprendimento auto-promosso ed auto-gestito, quello che coinvolge il sentimento oltre che l’intelletto, è il più duraturo e pervasivo. L’apprendimento che implica un cambiamento nella percezione di sé e nei propri atteggiamenti è avvertito come una minaccia e tende a suscitare resistenze.
  • L’autovalutazione e l’autocritica facilitano molto di più lo sviluppo dell’autonomia dell’autofiducia e della creatività che non la valutazione esterna (tradizionale).
  • Quando le minacce dall’esterno sono ridotte al minimo, l’apprendimento avviene più facilmente ed efficacemente.

L’educazione e lo sviluppo secondo Rogers sono una questione strettamente personale e complessa che presenta notevoli diversità da un individuo all’altro; anche in ragione di questa complessità e diversità l’autore preferisce parlare di facilitazione dell’apprendimento anziché di insegnamento. Egli richiamandosi ad una metodologia d’insegnamento centrata sullo studente ritiene che per promuovere lo sviluppo psicosociale degli individui in formazione l’insegnante debba chiedersi quali siano i loro obiettivi e quale il modo migliore per facilitare in loro l’apprendimento.Un fattore essenziale nella facilitazione dell’apprendimento è il clima che l’insegnante crea in classe e che dovrebbe essere improntato all’accettazione, alla comprensione, al rispetto dell’altro. Nell’educazione centrata sul discente l’insegnante non cade in un uso coercitivo del proprio ruolo e predilige un metodo di lavoro e di valutazione esenti da “minacciosità”, senza sfociare nel permissivismo. La persona apprende con maggiore facilità tutto ciò che sente in stretta relazione con il proprio sé e utile a garantirne una migliore strutturazione; le esperienze percepite come minacciose, al contrario, (che tendono al cambiamento a livello dell’organizzazione del sé) possono condurre stili di apprendimento caratterizzati dalla distorsione e dal rifiuto dei contenuti simbolici.

Nell’insegnamento tradizionale è scarsamente considerata l’importanza di un clima in classe privo di minacciosità: la minaccia per il sé è costantemente attiva (l’insegnamento tradizionale tende al cambiamento del sé e non alla sua conservazione): di conseguenza quei contenuti che verranno percepiti dallo studente come disarmonici rispetto al proprio sistema individuale di valori, saranno respinti, non integrati e ciò impedirà che si realizzi un apprendimento significativo. Altro fattore che mai l’insegnante dovrebbe ignorare è la diversità degli obiettivi di ciascuno studente, che indurrà stili di apprendimento molto diversi. Se uno studente ha un obiettivo professionale specifico potrà ritenere l’apprendimento di una data materia funzionale ad esso; di conseguenza il suo stile di apprendimento sarà finalizzato allo sviluppo del sé, alla sua conservazione. Un altro studente con obiettivi diversi probabilmente arriverebbe a considerare l’esame della stessa materia un ostacolo da superare. Per favorire la strutturazione di un clima che faciliti l’apprendimento Rogers non solo privilegia la disposizione circolare dei banchi nella classe ma considera fondamentale l’essere centrati sullo studente, sui suoi obiettivi; tale impostazione consente di chiarire gli atteggiamenti, favorisce la percezione dei sentimenti positivi e negativi e attraverso l’accettazione e la comprensione, promuove negli studenti un maggiore livello di consapevolezza rispetto agli scopi e alle motivazioni personali. Per essere concretamente facilitante la persona-insegnante dovrebbe in primo luogo, possedere una filosofia di vita fondata su atteggiamenti di comprensione, accettazione, congruenza, evitando di ricorrere al giudizio, alla svalutazione, alla minaccia, all’autorità.

Ma il facilitatore dell’apprendimento sarà in grado di instaurare un clima di fiducia reciproca, libero da conflittualità e resistenze solo se sarà disponibile a mutare il proprio comportamento nel rapporto con la classe, adeguandolo all’evolversi della situazione, rispettando il sistema di valori dello studente, favorendo l’espressione e l’esplorazione delle emozioni e la creatività. L’esclusione dal clima educativo di atteggiamenti giudicanti e coercitivi favorisce realmente l’autonomia e un maggiore grado di responsabilizzazione negli studenti, grazie ad una libertà fondata su comprensione e accettazione. L’insegnante, oltre a facilitare l’apprendimento può favorire una maggiore consapevolezza degli obiettivi personali e l’identificazione e lo sviluppo di preziose e inesplorate risorse nei suoi studenti. Rogers è certo che l’ istruzione debba e possa fondarsi su obiettivi democratici e che un’educazione democratica rappresenti per l’individuo un’opportunità per autorealizzarsi, responsabilizzarsi, acquisire abilità di gestione e soluzione di situazioni problematiche, apprendere la cooperazione. Nel privilegiare un’impostazione democratica l insegnante, leader pienamente congruente, deve necessariamente fondare l’insegnamento sul problem-solving, favorire le diverse individualità degli studenti, abbandonando la strutturazione classica finalizzata a obiettivi generali, che non tiene in alcun conto la personalizzazione. Quando l’insegnante si distanzia rispetto alle posizioni autoritarie tradizionali viene rivalutato agli occhi degli studenti e in quanto persona realmente significativa per loro è in grado di esercitare una profonda e positiva influenza su di loro.

Conclusioni relative al metodo d’insegnamento, che molto hanno in comune con i contenuti dell’ACS (approccio centrato sullo studente) appartengono anche ad altri Autori. Snygg e Combs considerano l’istruzione come “differenziazione del campo fenomenico dell’individuo“ e in tal senso la intendono come qualcosa che solo l’individuo stesso può compiere e altri non possono realizzare per lui.“ ”…l’individuo che apprende differenzia solo quegli aspetti che sono necessari e utili al raggiungimento del suo scopo. Il cambiamento nel suo campo non ha bisogno di essere motivato da altri. In quanto organismo vivente con una spinta fortissima alla crescita e al miglioramento di sé, l’individuo ha soltanto bisogno di occasioni praticabili e socialmente accettabili per crescere e per svilupparsi.” ( Snygg,D., e Combs,A. Individual Behavior: a perceptual Approach to Behavior, New York, Harper and Bros, 1959 pag. 238 ). Cantor, invece, esalta la preziosità di un metodo d’insegnamento in cui l’attenzione sia focalizzata sullo studente e che si strutturi sugli atteggiamenti di comprensione e accettazione, evitando il ricorso al giudizio e alla svalutazione.

L’approccio centrato sullo studente implica necessariamente un insegnamento che si focalizzi sugli scopi, sull’autorealizzazione e sulla responsabilizzazione di colui che apprende. Anche la questione della valutazione viene rivisitata da Rogers che considera lo studente colui che dispone della migliore percezione del proprio livello di apprendimento e della consapevolezza maggiore in relazione ad ostacoli o problematiche personali che possono compromettere l’apprendimento. Nella concezione tradizionale la valutazione è l’unico elemento di motivazione allo studio e alla preparazione; nella visione rogersiana l’autovalutazione costituisce un’occasione di crescita, in grado di favorire lo sviluppo del “locus di valutazione interno“. Nell’autovalutazione lo studente, non avendo alcun motivo di ricorrere all’autoinganno, dovrà stabilire criteri di valutazione interna, rispetto a obiettivi e aspirazioni personali.

Le ricerche sugli effetti della valutazione esterna hanno dimostrato che quella classica scolastica ostacola lo sviluppo della personalità, mentre l’utilizzo dell’autovalutazione lo favorisce. (Beier 1949, tesi di dottorato). Gross in merito agli effetti dell’insegnamento centrato sullo studente, applicato da Cantor, ha ammesso e verificato gli effetti di un insegnamento non direttivo rispetto allo sviluppo della comprensione di sé. I risultati attestano che nel gruppo tenuto da Cantor, con il quale venne applicato l’insegnamento non direttivo, l’incremento della comprensione di sé era pari per il 62% a 13 punti, mentre nella classe in cui è stato proposto un insegnamento tradizionale soltanto il 10% aveva registrato tale incremento. Schwebel e Asch hanno rilevato in una ricerca, che l’insegnamento non direttivo produceva un maggior numero di letture realizzate dagli studenti, rispetto alle classi in cui veniva proposto un insegnamento tradizionale (Schwebel e Asch, 1948). In una successiva ricerca di M.J. Asch (1951) il gruppo sperimentale, al contrario del gruppo tradizionale, sa che l’esito dell’esame non avrà effetti sulla votazione. L’ M.M.P.I. ( Minnesota Multiphasic Personalità Inventory), misurando l’adattamento personale a inizio e fine corso, evidenzia un marcato miglioramento del gruppo sperimentale rispetto a quello tradizionale. Inoltre è stato riscontrato negli studenti un maggior grado di soddisfazione e maggiori vantaggi derivanti dal corso, rispetto agli studenti del gruppo in cui è stato applicato l’insegnamento classico.

La ricerca di Faw ha rilevato l’attribuzione di un maggior grado di valore sociale ed emozionale, interesse e soddisfazione, negli studenti con i quali si applica l’approccio centrato sullo studente. Significativi appaiono anche i risultati delle ricerche di Withall (1948, tesi di dottorato) e Anderson che dimostrano quanto, per la produzione di un clima favorevole in classe, siano determinanti gli atteggiamenti ed i comportamenti dell’insegnante. I risultati di queste ricerche sembrano testimoniare l’importanza di un metodo centrato sullo studente e non sull’insegnante, capace di produrre un effetto per certi versi rivoluzionario, nel contesto generale dell’istruzione scolastica, in cui tradizionalmente l’insegnante costituisce l’autorità indiscussa che dirige lo studente nelle attività, dispone delle informazioni a lui dirette, prescindendo dalle sue motivazioni o aspirazioni.

In conclusione, nell’approccio centrato sullo studente obiettivi primari sono lo sviluppo e l’organizzazione della personalità di chi apprende; l’insegnante è un membro della comunità di apprendimento e il suo rapporto con la classe e con i singoli studenti è fondato sulla fiducia. La creazione nel gruppo di un clima facilitante, la comprensione e l’accettazione degli schemi di riferimento interni degli studenti da parte dell’insegnante sollecitano lo studente sul piano delle aspettative, delle motivazioni, di opinioni, scopi e atteggiamenti, mobilitando le risorse necessarie a realizzare un apprendimento produttivo e soddisfacente e promuovendo la crescita personale di ciascuno.

Rogers e Gordon propongono una forma di convivenza scolastica ampiamente verificata oltre che da loro stessi da moltissimi insegnanti che hanno scelto modalità d’interazione e stili di comunicazione non tradizionali per relazionarsi con i loro allievi, considerando l’importanza di fondare l’apprendimento sulla fiducia nel potenziale creativo dell’altro e sull’esperienza più che su un sapere preconfezionato. Ma concretizzare tali obiettivi non è così semplice: i doveri istituzionali, i costrutti mentali rigidi, i pregiudizi, i modelli educativi più tradizionali, generalmente accettati e divulgati senza alcuna revisione critica rispetto alla validità o all’efficacia tendono ad ostacolare il progetto di cambiamento. Thomas Gordon, psicologo ed educatore,è convinto che elevare la qualità del rapporto insegnante-studente consenta di insegnare con successo qualsiasi materia e che per l’insegnante saper comunicare in maniera efficace, disporre di competenze specifiche sul piano relazionale, sia fondamentale per ridurre i problemi e le conflittualità che immancabilmente caratterizzano il rapporto con gli studenti. Thomas Gordon, candidato al Nobel per la pace nel 1997, 1998 e 1999, ha realizzato un modello per facilitare lo sviluppo di relazioni durature e significative tra le persone, basato sulla reciproca soddisfazione e sulla risoluzione pacifica dei conflitti, che a partire dal 1970 applicherà al mondo dell’istruzione. Egli è stato un pioniere nel campo delle relazioni umane ed ha proposto una serie di principi e abilità necessari a strutturare forme di leadership democratica e relazioni interpersonali pacifiche e collaborative. Il modello operativo che egli propone agli insegnanti, di estrema semplicità e facile apprendimento, è fondato su una serie di procedure in grado di promuovere un’educazione alla pace ed applicabile nelle diverse culture di appartenenza. Se, come Gordon e Rogers sostengono, l’educazione è un processo autogestito atto a sviluppare nel discente una maggiore comprensione di sé stesso, l’educatore potrà facilitare concretamente tale processo nell’individuo in formazione apprendendo a non fare, più che a fare, e piuttosto ad essere in modo autentico ciò che è. In effetti per facilitare il processo di apprendimento bisogna intendere l’insegnamento come un essere con l’altro e non unicamente come passaggio di informazioni da me all’altro. Ma qual’ è l’intento di Gordon? Oltre ad aver lungamente sperimentato le abilità che consentono di realizzare certe condizioni in modo pratico, Gordon si domanda cosa potrebbe essere più utile all’insegnante, all’educatore, per sviluppare la propria efficacia e aiutare l’altro a sviluppare le sue potenzialità. Quotidianamente una serie di problemi sia dell’insegnante sia dello studente sottraggono tempo al processo di insegnamento-apprendimento: spesso l’insegnante si trova di fronte a comportamenti inaccettabili degli studenti che non sa come limitare, in altri casi desidera aiutarli quando sono in difficoltà ma non ha idea di come fare. L’Autore desidera aiutare concretamente gli insegnanti a fronteggiare ostacoli e difficoltà legati alla convivenza scolastica, attraverso lo sviluppo di competenze interpersonali e di comunicazione efficace, volte a facilitare l’apprendimento e promuovere la creazione di climi collaborativi, sereni e produttivi.

Il sistema formativo e di ricerca ideato da T. Gordon, l’Effectiveness Training (apprendimento dell’efficacia), nasce dalla filosofia rogersiana e si concretizza in una serie di attività e comportamenti, fondati sulla pragmaticità e altamente verificabili, che promuovono lo sviluppo di una maggiore autonomia e responsabilità, coinvolgendo gli studenti nella definizione delle regole che governano la vita in classe. L’Effectiveness Training promuove l’acquisizione e lo sviluppo di competenze interpersonali e di comunicazione utili a gestire e risolvere in maniera costruttiva problemi e conflitti che caratterizzano le relazioni interpersonali nei diversi contesti: scolastico, familiare, socio-sanitario, aziendale… Mentre Rogers rivolge particolare attenzione agli atteggiamenti, alle qualità della persona, Gordon si rifà maggiormente alle abilità, alle tecniche esplorando ampiamente la pragmatica della comunicazione, delle relazioni umane, e della attività formativa; il modello operativo da lui proposto migliora l‘efficacia della comunicazione rendendo l’esperienza dell’insegnamento e dell’apprendimento più positiva grazie all’utilizzo di modalità alternative a quelle tradizionali, che consentono di creare un rapporto permeato da genuinità e serenità ampliando l’area non problematica nella relazione insegnante – studente.

Gordon propone tecniche che non sono mai fine a sé stesse, ma restano saldamente ancorate a principi e valori rogersiani: egli traduce in termini operativi e concreti la filosofia rogersiana e concorda con Rogers sull’importanza delle tre condizioni (empatia, accettazione, congruenza) per facilitare lo sviluppo della tendenza attualizzante e promuovere un apprendimento significativo negli studenti. Ma Gordon, in particolare, ricerca un modo per facilitare in breve tempo lo sviluppo di tali condizioni nelle persone. Ecco allora che le tre condizioni di cui parla Rogers sono tradotte in una serie di contenuti-obiettivi all’interno di training brevi, prevalentemente esperienziali, rivolti al personale della scuola, agli educatori in generale, ai genitori, a tutti coloro i quali desiderino acquisire competenze per gestire più efficacemente le conflittualità e le difficoltà sul piano relazionale, elevando complessivamente la qualità delle interazioni. Prendiamo ad esempio la congruenza: questa condizione nel metodo Gordon viene tradotta e definita in “messaggio in prima persona“ o “autorivelazione”.

L’empatia è riconducibile alla dimensione dell’ascolto attivo, e l’accettazione si esprime attraverso un diversa considerazione e nel rispetto dei valori dell’altro e delle sue aree di libertà.

Gordon intende anche facilitare nell’educatore l’apprendimento di diverse abilità necessarie ad individuare segni e sintomi indicativi della presenza di un disagio nello studente, per aiutarlo a identificare soluzioni ai propri problemi in totale autonomia, promuovendo un maggiore senso di responsabilità; competenze atte a ridurre e modificare quei comportamenti che ostacolano la soddisfazione dei bisogni dell‘insegnante. I training di Thomas Gordon, seguiti da milioni di persone in tutto il mondo (il primo corso per genitori fu realizzato nel 1966), si focalizzano sul cosa fare e cosa dire; le persone sono coinvolte nella sperimentazione diretta delle abilità proposte, l’acquisizione delle competenze è facilitata da schemi ed esemplificazioni. E idee e concetti sono tradotti in definizioni operative e cioè cose da fare e messaggi che l’insegnante può inviare allo studente in determinate situazioni. L’obiettivo è rispettare le esigenze dello studente e dell’ insegnante, instaurare un sistema democratico alternativo all’uso del potere e dell’autorità, nella convinzione che non vi sia necessità di ricorrere alla forza se la convivenza scolastica si orienta all’impegno reciproco, ad un uso equo e costruttivo della libertà.

Gordon sostiene la necessità di passare dalla competizione alla collaborazione per affrontare e risolvere i problemi e i conflitti: si tratta di una logica del vincere insieme che, pur di estrema semplicità è in grado di rivoluzionare l’impostazione classica dell’istruzione e dell’educazione. Qualità della relazione, processi della comunicazione e modalità di interazione più del contenuto o della metodologia didattica sono in grado di produrre un apprendimento significativo; ma perché tutto questo possa realizzarsi è fondamentale essere persone prima ancora che insegnanti con una sensibilità e un sincero interesse per l’altro, essere disposti ad evolvere sul piano personale oltre che professionale, essere centrati sullo studente, confidando nella sua capacità di tendere verso l’autorealizzazione. Gordon effettua un’attenta e compiuta ricerca e identifica modalità non tradizionali di comunicazione utili a facilitare un processo costruttivo di risoluzione dei conflitti interpersonali .

L’acquisizione di strumenti comunicativi alternativi a quelli classici consente all’ insegnante di intervenire per gestire e risolvere in maniera costruttiva il conflitto, senza ricorrere a metodi coercitivi, adottando uno stile democratico. Ciò comporterà una serie di benefici: ampliamento del tempo di insegnamento-apprendimento, migliore qualità della relazione tra insegnante e studente e tra gli studenti stessi, promozione della cooperazione e del rispetto reciproco tra le persone. Ma entriamo più nel merito della questione dei conflitti. A prescindere dall’ ambiente culturale e dal paese di provenienza tutte le persone attribuiscono valore ai propri diritti e bisogni e sentono la necessità di essere ascoltate e comprese sinceramente e profondamente, reagiscono con meccanismi di difesa quando questi bisogni vengono ignorati. Il conflitto tra due o più persone ha origine da comportamenti che interferiscono con le esigenze reciproche, o nasce da valori divergenti. È inimmaginabile pensare di poter eliminare i conflitti dalla nostra esistenza; essi caratterizzano i rapporti umani e più che preoccuparci di evitarli dovremmo cercare di affrontarli e risolverli in maniera costruttiva per la relazione anziché distruttiva. Anche nel contesto educativo-formativo, peraltro facilitate dall’eterogeneità della popolazione scolastica, le situazioni conflittuali tendono a verificarsi. A scuola alcuni conflitti insorgono tra studenti, mentre altri hanno origine nell’area di insegnamento apprendimento, dove l’insegnante considerando gli obiettivi formativi sua prerogativa esclude la possibilità di cercare la collaborazione con lo studente. Quando il comportamento degli studenti interferisce con le sue esigenze l’insegnante affronta il conflitto convinto di poter disporre soltanto di due opzioni per risolverlo: l’essere permissivo, oppure autoritario. Conseguentemente ed immancabilmente il conflitto si risolverà sempre in modo che vi sia un perdente e un vincitore, e questo produrrà un flusso di risentimento tra le parti in conflitto e la creazione di sensi di colpa negli insegnanti ai quali dispiace punire gli studenti.

Le modalità tradizionali di risoluzione dei conflitti sono definite da Gordon metodo I e metodo II. Il più diffuso è il Metodo I che implica l’uso di coercizione, manipolazione e competizione; è un vincere con la forza o con l’astuzia. Nel metodo I l’insegnante usa il potere e l’autorità e vince, mentre lo studente perde. Quando l’insegnante fa ricorso al potere sotto forma di autorità per risolvere a suo vantaggio il conflitto con gli studenti il rischio di danneggiare anche gravemente la relazione è elevato. In genere le persone fanno ricorso a questo metodo per ottenere disciplina in classe, certi che non esistano alternative. È vero poi che risolvere il conflitto in questo modo è utile in situazioni di emergenza, anche se produce un notevole flusso di risentimento e ostilità in chi perde, influendo negativamente sulla motivazione a collaborare nella ricerca di una soluzione. Il ricorso al potere e all’autorità provoca una serie di reazioni; incoraggia la dipendenza, riduce la cooperazione tra gli studenti, la creatività, l’esploratività, l’impegno e la produttività, costringendo l‘insegnante a continui e pesanti controlli e rinforzi per mantenere ordine e disciplina. Il metodo II è il complementare del metodo I; l’adulto, incapace di fronteggiare gli studenti con sistemi coercitivi, manipolativi o competitivi cede, si rassegna, rinuncia al potere che il suo ruolo professionale gli conferisce e lascia il controllo allo studente. Nel metodo II l’insegnante, che soccombe e subisce il potere dello studente, reagirà a tale potere con una serie di comportamenti che non faranno che accrescere il flusso di risentimento e attiveranno una serie di meccanismi di difesa, conducendo ad azioni di rivalsa. Il Metodo III alternativa proposta da Gordon per risolvere i conflitti in maniera costruttiva per la relazione, fondato sulla collaborazione e sulla integrazione di risorse, implica per l’adulto rinunciare all’esercizio del “potere su” gli altri e comporta che le parti in conflitto si uniscano nella ricerca di soluzioni accettabili per entrambi. Thomas Gordon privilegia nella soluzione di conflitti, le forme di relazione educativa e collaborativa, sostenendo l’importanza di prerequisiti essenziali nell’ insegnante come: attitudine all’ascolto, congruenza e trasparenza per esprimere in prima persona i propri bisogni, disponibilità a collaborare alla ricerca di una soluzione. Thomas Gordon articola il metodo III in sei stadi:

  • DEFINIRE IL PROBLEMA in termini di bisogni, motivazioni e obiettivi precisi. Un problema definito in termini chiari e precisi rende la ricerca della soluzione più facile.
  • PROPORRE LE POSSIBILI SOLUZIONI. Può essere utile la tecnica del “Brain Storming”.
  • VALUTARE LE SOLUZIONI PROPOSTE, fino a decidere per la soluzione migliore.
  • SCEGLIERE LE SOLUZIONI verificando le proprie ed altrui esperienze e attitudini.
  • FORMULARE UN PIANO D’AZIONE in termini operativi.
  • CONCORDARE I CRITERI DI VERIFICA DEI RISULTATI per decidere se il problema è stato veramente risolto.

Ogni qual volta l’insegnante fa ricorso all’uso del potere riduce la propria influenza in quanto compromette fortemente la possibilità di fondare il rapporto con lo studente sulla fiducia e sul rispetto reciproco: e tutti noi sappiamo quanto è difficile rivolgersi o sperimentare sentimenti positivi nei confronti di chi tende ad esercitare potere e autorità su di noi. Adottare una leadership partecipativa (Metodo III), evitando di usare il potere coercitivo/manipolativo/competitivo promuove lo sviluppo di bambini e ragazzi sul piano dell’autostima e dell’autonomia e fornisce l’opportunità di interiorizzare metodi non violenti centrati sul rispetto della persona. Adottare un metodo democratico per la soluzione dei conflitti, coinvolgere gli studenti nella definizione delle norme che regolano la vita scolastica, significa non solo motivarli a rispettare quelle stesse regole che essi hanno contribuito a stabilire, riducendo i problemi connessi alla disciplina, ma rende più accettabili per gli studenti le leggi e le regole del vivere civile, stimola autodisciplina, consapevolezza, responsabilità. Il metodo III, proposto da Gordon per la soluzione pacifica dei conflitti, oltre a promuovere la creazione di un clima più sereno, collaborativo e produttivo in classe, che consente di massimizzare e ottimizzare i tempi di insegnamento-apprendimento, grazie allo stabilirsi di una maggiore tolleranza e fiducia nelle relazioni, facilita il recupero di minori problematici, che hanno sperimentato condizioni di vita deprivanti e relazioni disfunzionali. Nella nostra società dove le relazioni umane, sono spesso carenti e disfunzionali, in cui prevalgono valori come potere e profitto e si ha la percezione che i conflitti si possano risolvere solo distruggendo l’avversario, è doveroso prendere in considerazione modelli non-violenti di risoluzione dei conflitti e tendere verso un’educazione democratica che veicoli valori come rispetto, onestà, lealtà. Adulti e minori possono apprendere a gestire e risolvere il conflitto in maniera costruttiva, in modo che le parti in causa possano soddisfare le reciproche esigenze e senza peraltro scendere a compromessi. Thomas Gordon crede in una pedagogia del benessere basata sulla qualità della relazione interpersonale, sull’ascolto empatico, l’assertività, in cui i conflitti si possono risolvere in una competizione leale, senza far ricorso alla violenza, né strumentalizzare l’altro, in cui il “potere su” le persone diventa “potere con” le persone. Secondo Gordon l’educazione scolastica e familiare non dovrebbe fondarsi sul “potere/controllo/disciplina su” gli altri, imposto dall’esterno (eteronomia) bensì sul “potere/controllo/disciplina con” gli altri, che cerchiamo insieme e che noi ci impegniamo a rispettare consapevolmente (autonomia). Per promuovere lo sviluppo delle persone la persona-insegnante dovrebbe preoccuparsi più del “come” che del “cosa“ far apprendere, della qualità della relazione con lo studente; l’attenzione al “profitto” non dovrebbe oscurare l’importanza dei valori dell’ascolto, dell’intuizione, della comprensione empatica dell’altro.

Essere insegnanti efficaci secondo Gordon significa farsi risorsa per l’altro, essere con lui, ma non fare per lui sostituendosi a lui. Se desideriamo promuovere un apprendimento realmente significativo, lo sviluppo del potere personale negli studenti, di una maggiore consapevolezza delle loro potenzialità, oltre ad avere fiducia nelle loro attuali risorse personali dobbiamo favorire in loro la ricerca di soluzioni autonome e creative ai problemi che incontrano. Questo modo di essere insegnanti è attuabile se crediamo nella capacità che ogni individuo ha di svilupparsi, comprendersi, autoregolarsi. In fin dei conti più della materia che insegnamo conta il modo in cui lo facciamo: per questo è essenziale instaurare relazioni di qualità con i nostri studenti., relazioni collaborative e democratiche.

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